Christoph Erb è un quarantatrenne musicista svizzero, specializzato sul sassofono tenore e clarinetto basso, con base operativa a Lucerna. Improvvisatore libero, lo svizzero ha avuto modo di mettersi in evidenza sia per le sue collaborazioni con un gruppo importante di musicisti di Chicago (Fred Lonberg-Holm, Frank Rosaly, Josh Berman, etc.) sia per aver fondato una propria etichetta discografica, la Veto Records, luogo in cui può dar spazio ai suoi progetti in piena libertà. Una nutrita discografia già vi permette di delineare le coordinate della sua musica, ma è nelle pubblicazioni più recenti che Erb sembra stia facendo quel passo avanti che la maturità richiede; mi riferisco ad un paio di cds, uno in duo con Frantz Loriot, l’altro in trio con due connazionali, ossia Raphael Loher e Emanuel Kunzi. Si tratta di due debutti molto interessanti, che si inseriscono nella vena di quegli improvvisatori molto attenti alle possibilità emotive ed associative create dalla musica, suonata con una mirata scelta di tecniche estensive. E’ noto come nel sistema oggi circoli parecchia roba con queste caratteristiche e spesso i risultati ottenuti si scontrano con una serie di elementi che ne tappano l’espressività (vuoi perché la tecnica viene sperimentata senza ulteriori scopi o vuoi per la limitatezza dell’ambiente acustico in cui si verificano); ciò che è certo è che Erb e i suoi partners stanno facendo tesoro del grado di avanzamento dei progetti e delle relazioni tra gli improvvisatori.
Così nel duo di “Sceneries” con Frantz Loriot alla viola, una stanza adeguatamente sonorizzata del Teiggi Kriens (un edificio architettonicamente recuperato anche per l’arte), permette di poter apprezzare in pieno un’improvvisazione viscerale, del tutto votata alla creazione di corrispondenti simulazione dei temi pensati; soprattutto la prima parte del cd (da Aurore fino ad Annoyed hibernation) rivela questa eccellente aderenza. Da una parte Erb crea circolarità, concentrandosi su suoni vivi, quasi estrazioni dalla colonna d’aria del tenore, mentre Loriot varia in pizzicati, ormeggiature al limite della saturazione, ripetizioni tirate con l’arco al confine dello stile minimalistico. In definitiva si riesce a mantenere, in un bellissimo e creativo equilibrio, il delicato rapporto esistente tra elementi armonici e non: un dialogo che non conosce confini, che passa in serie speciali di sentimenti come la luminosità, l’elegia, il contrasto, il nervosismo.
Di eguale importanza si presenta anche il trio-progetto EKL, che prende forma discograficamente dopo molti concerti di affiatamento effettuati nel 2015. “Dolores” è, dunque, realizzato in condominio con il pianista Raphael Loher (che qui si cimenta anche con piano preparato e wurlitzer) e Emanuel Kunzi alla batteria. E’ piuttosto evidente come vengano riprodotte strutture astratte e spettrali che richiamano gli esperimenti di Cage, ma l’improvvisazione prende altri percorsi, specie quando si fa carico di mantenere preparazioni sospese tra una sindrome liberatoria e una stasi arcana. Il sax di Erb qui assume funzione puntellante (sentire gli otto eccellenti minuti di Delirious), alterna spunti free e “chiodi” da mettere in una scarpa. Una simbiosi completa dei tre, che vogliono ritrovarsi nella percussività dei loro strumenti, una virata che comunque ricava armonicità anche dall’inarmonico. Un’esplicita dedica nella titolazione a Rose Dolores, la modella delle Ziegfeld Girls che faceva impazzire i suoi avventori, è piuttosto un’algida ritirata nella freddezza del suo sorriso, quel sorriso che ha anticipato il gelido distacco delle attuali sfilate di moda o dei concorsi di bellezza: la musica sembra voler sottolineare un nostalgico andamento, una costruzione sapiente da gustare negli ultimi due brani del cd (Rose Dolores e Do lo re), che castrano l’attività di Loher (in senso positivo per la struttura che accoglie più suspence e con l’entrata in gioco del wurlitzer) e Kunzi, permettendo ad Erb di emettere melodici gettiti di solitudine.