Nello sviluppo della composizione classica per fisarmonica è facile comprendere come frettolosamente si sia voluto recuperare lo svantaggio (accumulato rispetto ad altri strumenti) di un repertorio esiguo. Dai novanta in poi si è assistito ad un veemente interesse dei compositori, assecondato dai loro stili e da un’incredibile spinta all’aggiornamento/adeguamento, venuta dai musicisti stessi. Una gioventù dal training specifico ha portato con spessore ed in primo piano questo rinascimento del tutto legittimo (Vincent Lhermet, Eva Zollner, Anthony Millet, Frode Andersen, etc.): tra essi un posto di vertice lo assume certamente la francese Fanny Vicens, che ha da poco pubblicato una raccolta monografica per la Stradivarius, dal titolo Schrift, che in tedesco sta proprio per “scrittura”: 7 composizioni che cercano di individuare le principali frontiere a cui si sta approssimando la composizione per fisarmonica in solo. Sull’argomento potrei segnalare una triade di impostazioni per la scrittura: snocciolando il passato non si può fare a meno di notare che l’adoperarsi allo strumento sia frutto di:
1) un egocentrismo della partitura, ossia di una scrittura che si pone importante di per sé e cerca relazioni validissime di ogni tipo;
2) una libertà guidata, che asseconda un modello di risonanze e sovraesposizioni dello strumento, anche tramite ricerca spettrale o live electronics;
3) un flusso più o meno raffinato di congestione sonora, che riduce l’interesse dell’aspetto ritmico per concentrarsi sulle note sostenute e sulla qualità del suono (di questo gruppo fanno parte la Melodia di Hosokowa, le oasi di riflessione di Pauline Oliveros ed anche i vagabondi di Sciarrino).
La compilazione della Vicens si ferma ai primi due aspetti, nella convinzione che lì risieda un grande impegno degli attori della composizione; il bisogno di rappresentare porta la Vicens a dare di Schrift una lettura accademica rivolta ad un’attenzione precipua per tutte le relazioni che si possono creare (contrappunti, gestualità, artigianato del comporre, strutture, etc.), rilevando nel contempo come le novità tecnologiche siano fondamentali per addivenire a nuovi obiettivi di suono. Nel ragionamento sotteso, allora, le composizioni di Matthias Pintscher (la Figura III di un ciclo per archi e fisarmonica in simbiosi con le statuette di Giacometti), di Keiko Harada (plurime tecniche di attacco in Bone +, sorta di edulcorata trasposizione dell’energica potenza delle arti marziali) o la Schrift 3 di Bernhard Lang (un labirinto di soluzioni interconnesse sotto forma di partitura), sono parte di un processo di auto-indulgenza degli autori, mentre la Bossa Nova di Franck Bedrossian (che si sviluppa con patterns in evidente stato di eccesso di suono), la Shiver di Dmitri Kourliandski (che fissa uno standard per il bruitismo) o la Tremble di Januibe Tejera (che martella l’esecutore e l’ascoltatore sul ronzio dei cavi) svolgono un vero lavoro di identità aggiuntiva. Nella diversità d’approccio, comunque, si intravede una caratteristica comune, ossia la stessa attenzione, capacità, forza fisica o ritorno della gestualità in qualsiasi orpello della partitura. Ed in questo la Vicens dimostra tutto il suo talento, facendo diventare naturali, cose che altrimenti sarebbero difficili.
L’unica critica che può essere fatta su Schrift è che esso può servire solo come introduzione ai campi d’azione più complessi che l’elettronica live, il software o i fixed media stanno creando (penso ai perfetti aggiustamenti sonori fatti da Haas in “…..” o ai miracoli di proiezione del suono fatti in Nomadische Luftspiegelung, una composizione scritta da Antti Saario). Se visitate il sito internet della fisarmonicista francese (qui), vi renderete conto di come ulteriori progettualità stanno emergendo per puntare a nuovi traguardi. Da una parte ci sono gli approfondimenti sul suono, sulle sue interazioni dinamiche e sulle sue proiezioni, dall’altra nuovi metodi di costruzione della fisarmonica hanno reso già possibile la creazione dello strumento a quarti di tono o microtonale, un nuovo modello nato dall’esperienza con il collega Jean-Etienne Sotty e invero, grazie alle ricerche materializzate dal costruttore Philippe Imbert. Al riguardo va notato che la Vicens annovera nel suo repertorio almeno un paio di splendide composizioni condotte tramite l’interposizione assistita (le composizioni sono Natura Morta di Carlos De Castellarnau e Instant Suspendu di Mayu Hirano) e che la Bossa Nova di Bedrossian è già pronta in una versione microtonale espansa al progetto con Sotty. La sovraesposizione sembra essere, d’altronde, la via più affascinante da seguire, quella via che si popola delle figure dei Dinosauros di Nordheim e si incontra quasi naturalmente con le provvidenze attuali della tecnologia.