Dall’incontro tra due musicisti-didatti dell’improvvisazione nasce una delle opere più interessanti e valide di questo nuovo anno in casa Leo Records. Si tratta da una parte del sassofonista inglese Simon Rose, un eccellente esponente del baritono e dell’alto (vedi qui e qui, estratti delle sue esibizioni dal vivo), già in grado di costruirsi una solida reputazione attraverso l’insegnamento, la perfomance e le conduzioni della London Improvisers Orchestra*; dall’altra il ricercatore austriaco Deniz Peters, professore di estetica e musicista diretto al pianoforte, messosi in luce con i suoi scritti sulla fenomenologia dell’espressione musicale (qui la sua pagina presso academia.edu).
Tra i due è nata un’alleanza teorico-musicale che si è immediatamente formalizzata in un progetto musicale, portato a termine in una stanza di circa 40 metri quadri di un appartamento del centro storico di Graz nel marzo del 2016: “Edith’s problem” ha sullo sfondo l’aderenza al tema dell’empatia fornita da Edith Stein, come atto percettivo che va oltre la solita accezione che gli viene attribuita nel normale lessico dei significati. L’ascolto altrui conduce alla scoperta di una sottaciuta realtà sentimentale che impegna anche il corpo: con molti saggi Peters ha cercato di dimostrare che anche l’ascolto musicale può essere interpretato con nuove logiche ed allo scopo ha attaccato assieme musicologia ed estetica, cercando punti di contatto tra la realtà tattile, su cui l’improvvisazione ha posto le sue basi moderne e il coacervo emotivo, che impegna i sensi, l’immaginazione e i rapporti dialogici che si instaurano tra i musicisti, alla luce della definizione di empatia della Stein. Nelle sue parole: “…..in a nutshell, I shall argue that emotions we hear in music are arrived at – that is, individuated – via a combination of active crossmodal (auditory-tactile) perception, active bodily interpretation, and a cognitive background situation and cognitive activity that also includes musical understanding. The process of emotional individuation is one that, as I shall argue, centrally involves acts of empathy with what I, extending the idea of musical persona, call the ‘musical other’. Ontologically, my view de-objectifies and de-essentialises the idea of musical emotion, while providing new grounds for understanding both, the variety and nuances of the experienced emotions, and their relative intersubjectivity….” (da Hearing emotion in music: Empathy? Contagion? Subjective response?).
Edith’s problem si snoda in 7 duetti che sono alla caccia di questo contagio, di questi fantasmi dell’accoglienza che sono dentro gli uomini, aiutati da una registrazione intima e perfetta acusticamente. Si va già alla grande dai primi minuti (Between), sussurri creati da pochi clusters di piano opportunamente amplificati dal pedale, che offrono sfumature intense delle risonanze, a cui Rose risponde sodomizzando il suo strumento, pochi soffi intensi, estesi e timbricamente rough del sassofono. Sono dei veri propri slanci di quelli di Rose e Peters, dal carattere slowcore, ma che si tendono la mano incredibilmente scavando nelle profondità dell’ascolto. Hinges sembra farvi entrare in un percorso delimitato, dotato di una inespressa vena trascendentale e se anche l’ascoltatore non riuscisse a percepire il livello empatico, comunque resterebbe attirato dallo svolgimento lento, teso a cogliere il calore timbrico, che dà un senso alle pause e ai regimi bassi di movimentazione del suono; la cosa straordinaria è che ad un certo punto diventa quasi l’equivalente di una preghiera. Resonance part 1 possiede un inaspettata capacità tensiva: Peters cerca di riprodurre/accordare con il suo strumento le risonanze del sax di Rose con il minimo dei mezzi a disposizione (un tasto ripetutamente battuto assieme al pedale della risonanza); Shift ha un clima più riflessivo, con molta approssimazione direi jazz, e sorvola più tecniche contemporanee tra dissonanze e suoni spuri al servizio di una conciliazione dei diversi materiali sonori. Così come l’espressione e le sue degne verità regnano sovrane in Resonance part 2.
Edith’s problem entra nei vostri ascolti in punta di piedi, come nelle prime partecipazioni a delle lezioni di improvvisazione. Il lembo filosofico della musica non è di nessun ostacolo all’assimilazione di una musica che vuole costruire dei ponti, non visibili in prima istanza ma che sono latenti nelle libertà e nelle creatività dei musicisti, una musica che sembra essere a nostra disposizione, nel nostro dna, solo se consci della sua presenza e del suo potenziamento.
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Note:
*Rose ha pubblicato anche un libro che capitalizza la sua esperienza, dal titolo The lived experience of improvisation: in music, learning and life, University Chicago Press, 2016.