La rigorosità della sperimentazione minimalista si perse gradualmente nelle dinamiche di scopo delle generazioni successive (anche contrassegnate come post). A questo proposito, sono totalmente d’accordo con quanto scrive Emanuele Arciuli nel suo libro Musica per pianoforte negli Stati Uniti (Edt 2010), quando evidenzia che “.…al razionalismo di Babbitt e Carter, al tecnicismo di una musica matematica, succede un’atteggiamento irrazionale, connotato da una marcata spiritualità; e poco importa che non sempre essa sia profonda, riducendosi talvolta a misticismo pret-à-porter, più affine al New Age e alle Spa di Sedona (Arizona) che al raccoglimento della preghiera e dell’ascesi….“
Dal punto di vista musicale ciò che cambia è l’allargamento del raggio d’azione: la ricerca minimalista viene affiancata o soppiantata spesso da un afflato neoclassico, che ha più punti di contatto con Debussy o Prokofiev, che con Glass e Reich. Un esempio lampante si può trovare nella musica del compositore Daniel Lentz, uno di quelli che è passato alla storia anche per il tipo di esperimenti effettuati; alcuni profili fatti su Lentz rimarcano il carattere sperimentale e processuale della sua musica, con evidenti eccessi: in un’ottica idealmente improntata verso i temi di Lucier o al massimo di Cage, il compositore americano inizialmente si diresse verso un tipo di composizione prettamente concettuale; Lentz venne addirittura sospeso dall’insegnamento nel 1969 quando, per perfetta coerenza, compose Love and Conception, un pezzo in cui era previsto un rapporto sessuale a cavallo del pianoforte. L’interesse per la musica-processo fu evidente anche quando compose, qualche anno più tardi, On the Leopard Altar, cinque movimenti divisi tra splendide forme personali di minimalismo strumentale e vocale e melliflue estensioni nel synth e nella new age music; cominciò ad utilizzare il tape-delay ed un sistema di ricaduta musicale che chiamò “cascading echo system” per ottenere imponenti effetti a cascata della voce o strumenti. Così Lentz colse il suo capolavoro nella conturbazione pianistica di Point Conception nel 1979, lavorando sulle ottave di nove pianoforti e su un sapiente incastonamento di origine minimale. Poi, dopo la Missa Umbrarum, un tentativo di coniugare il processo con quella spiritualità di cui si diceva prima, Lentz entrò musicalmente in un’ampia fase di normalizzazione. Le ultime avvisaglie ce lo proponevano invero come un ottimo scrittore di musica classica senza confini.
River of 1000 streams, composizione recentemente pubblicata su Cold Blue Music, ha tutta l’aria di essere un colpo di coda: pianoforte affidato a Vicki Ray, si tratta di un ulteriore applicazione della teoria del cascading echo system. Frammenti di musica che gradatamente ritornano in ciclo, sovrapponendosi e creando una tessitura ricchissima di densità ed armonia. Lentz porta in superficie quel mondo sotterraneo che solo un certo uso del piano può consentire. Una prima parte del pezzo che svela i suoi effetti ipnotici, con un passaggio centrale, più naturalista ed elargito a volumi più consistenti. Al 13° minuto compare una tensiva forma ripetitiva aperta al disturbo classico, che si mantiene viva fino alla fine, lavorando sopratutto sulla parte alta della tastiera; in tal modo viene contrastato lo splendido svolgimento iniziale e si filtra quella magia non convenzionale respirabile al suo interno (28 minuti totali). Il compositore ha fatto notare che l’ispirazione di River of 1000 streams è avvenuta durante una visita mattutina sulle rive del fiume Yellowstone.