Tra i significati lambiti da Cattedrale con suonatore di tromba, il dipinto di Franco Gentilini del 1955, non si può far a meno di rimarcare l’immediata visuale surrealista che lo compone; tuttavia ve n’è uno meno intuibile in prima istanza, che è quello dell’attrito che il dipinto fornisce tra rappresentazione della cattedrale e del suonatore di tromba in rapporto all’ambiente che si sviluppa intorno e al tempo che si vuole vivere: le irregolarità muovono un effetto fantastico nello spazio delle cose di ogni giorno, mostrando l’immutabilità del tempo di contro allo scorrere della vita.
Contrasti, irregolarità, mondi dell’interiore o delle verità sottaciute sono i temi di questa puntata dell’improvvisazione, in cui ho cercato di raggruppare recenti interventi in cds di suonatori di tromba e tromboni che presentassero nella loro musica queste qualità, anche in relazione ad un tessuto musicale speciale e poco battuto in Italia, ossia quello della contrapposizione con strumenti a corda di origine classica.
Parto da Flavio Zanuttini, trombettista friulano che sta tentando di intraprendere una via di fuga dal mainstream jazz che l’ha caratterizzato finora. Dopo un ventennio di attività passata tra Italia e Germania soprattutto, il suo primo album in solo, dal titolo “La notte“, vira decisamente dall’indirizzo paventato da riviste come Musica Jazz, che nel 2011 lo nominò tra i migliori trombettisti, nel momento in cui Zanuttini sembrava fosse attratto dalle esperienze del fusion jazz germanico (artisti e mentori sostanzialmente dimenticati come Uli Beckerhoff o Hugo Read venivano in soccorso ispirativo); la spinta per produrre sforzi in direzione della libera improvvisazione è arrivata dopo che Zanuttini ha partecipato all’anonimo quartetto di trombe preparate (eccetto la sua), determinato dal tedesco Florian Walter, una propedeuticità teorica utile per affrontare la non convenzionalità delle proposte. In La notte si scorre in strade aperte al chiaroscuro, dove la tromba, totalmente protagonista, reclama un filo logico e una coerenza: Bipede tira i registri, e sembra poter evocare una via mediana tra un ladro notturno che si infiltra e le accensioni di una fiamma elettrica, Cantabile è una melodia dalle plurime sfumature, frutto di svolte continue nella tecnica di emissione, Doppelganger produce un trascinamento e una riflessione, Eveil contorce lo strumento, mentre Me me è abrasiva; Scelsi, poi, è oggetto di omaggio specifico, con note allungate e deviate dalla microtonalità, mentre Secrets usa il fraseggio cortissimo e straziato per imporre un mistero.
Ispirato dal Blue bird di Maeterlinck, La notte è un modo eccellente di documentare sentimenti, idee e timori del ventunesimo secolo, di esprimere una improbabile realtà che solo nelle ore notturne può manifestarsi: le note interne, profondamente filosofiche di Cusa, possono darvi certamente un indirizzo estetico, ma io assegnerei a La notte anche un valore psicologico, tremendamente attuale, così come si presenta nella disponibilità delle ultime generazioni di giovanissimi: come sottolineato argutamente da molti filosofi o sociologi, la notte è per la nostra gioventù un paravento, uno stato di fatto completamente alternativo e lontano dalla realtà che si consuma di giorno per gli “adulti”, con tutte le connessioni positive o negative che comporta. La musica di Zanuttini stimola meravigliosamente l’immaginazione e potremmo essere indotti a pensare che l’uccellino della felicità di Maeterlinck sia anche quello del triestino.
Quanto a misteri e tribolazioni del suono non è per nulla estraneo il trombonista Angelo Contini: nel progetto in trio con Pat Moonchy e Lucio Liguori (spesso denominato come Sothiac), Contini si propone di sondare una costruzione archeologica implicita attraverso un particolare uso dei suoni. La musica si arrichisce anche di una parte video a supporto, che proietta immagini delle video sculture di Lino Budano, artista piacentino particolarmente addentrato nel montaggio fotografico frammentato, nelle terze dimensioni e più in generale nelle tecniche di photo-editing che costellano lo sviluppo del settore. L’incontro tra il trio e Budano ricalca un rapporto di complessità e non convenzionalità, qualcosa da carpire in duplice senso tramite la musica e le immagini: la prima, grazie alle ricercate preparazioni al trombone di Contini (che si estende al didgeridoo), alle epidermiche tonalità canore che indicano oscurità della Moonchy e al lavoro di istinto e di correlazione di Liguori a gongs e corde; il tutto si va a collocare in quell’immaginario primitivismo dei suoni che ribadisce la forza dell’antico come veicolo di soluzioni per riconoscere il futuro; quanto alle seconde (immagini), esse ritraggono uno scenario surreale del presente, con impianti visivi quasi completamente in bianco e nero e premonitori, in cui si cerca di rappresentare modalità di trasposizione semiotica, ricerca di verità tramite contrapposizione di segni del passato ed una veloce modificazione dimensionale dei contesti visivi. E’ dunque una commistione piena di fascino che si avverte tra strappi, rituali, borbottii e rintocchi, ossia tutto quello che si verifica musicalmente in Dreamtime, registrazione di uno spettacolo effettuato al Residence Sociale Aldo Dice 26×1 di Walter Molteni nel marzo scorso, che gli artisti hanno liberamente reso disponibile alla pagina bandcamp di Pat (qui, invece, puoi vedere l’esibizione a Veronica con le proiezioni di Budano).
Mettere contro trombone e strumenti a corde è certamente una via inusuale dell’improvvisazione, quantomeno nell’ottica dei piccoli ensembles o nelle formazioni in duo o trio; sono vie della sperimentazione timbrica che in Italia hanno ottenuto meno interesse in rapporto a quanto fatto da altri paesi; chi doveva prendere il timone di questo percorso ha preferito regolare il suo strumento per accrescimento e meno per contrasto; il compito di stimolare le alternative, solitamente riservato alle componenti di un quartetto di archi (perciò violinisti, violisti, violoncellisti, contrabbassisti), in Italia si è dissolto a favore delle grandi aggregazioni o delle esperienze orchestrali, diluite secondo la linea della filosofia della prima improvvisazione germanica ed inglese. Ancora oggi, nell’improvvisazione italiana, i principali esperimenti di contrasto tra suoni gravi dei fiati e la cordatura sono pensati in maniera limitata e probabilmente il motivo sta nella difficoltosa intellegibilità che tale tipo di improvvisazione può produrre (ciò ha indotto musicisti come Parrini o Maier a trovare comunque mediane e riferimenti essenziali negli idiomi jazz, come succede in Azur con il trombonista Lauro e il trombettista Calabrese); ma se è vero che si tratta di un rapporto che la musica contemporanea ha ampiamente sfatato, ciò che resta da sfatare nella libera espressione è la capacità dei connubi di infilarsi in una degna visione estetica. Qui di seguito vi propongo due recentissimi e buonissimi risultati.
Il primo si rapporta a quanto sta facendo Ernesto Rodrigues in Portogallo: è da tempo che il violista sperimenta anche con trio o quartetto di corde, ingenerando sonorità spezzate e contemporanee, nell’ambito delle proposte della sua etichetta Creative Sources. Un recente ciclo di improvvisazioni è stato imbastito con Miguel Mira al violoncello e Alvaro Rosso al contrabbasso nella denominazione di Lisbon String Trio. Nell’ottica di un approfondimento relazionale con altro tipo di strumentazione aggiuntiva, il trio ha chiamato alla partecipazione altri valenti improvvisatori, dedicandosi per ognuno alla scoperta di nuovi anfratti dell’immaginazione sonora, e tra questi si segnala la collaborazione intervenuta con il trombone preparato di Carlo Mascolo in un cd dal titolo Intonarumori. Mascolo si inserisce nella più proverbiale interpretazione del Russolo, con gli strumenti che grattano, strappano o scivolano sulle cordiere: il suo trombone si gonfia e sospira nella traccia II, lasciando intatto il senso del dialogo immaginario e dell’appeal industriale; in un’ambiente sonico impossibile, i rumori si affiancano e si compongono agli impasti e una grande scoperta sonora può essere persino il battito dell’archetto, un espediente creato a hoc per fornire una torbida trama immaginativa, dove il compito di Mascolo è quello di dare contributo a questo scenario di rumori da codificare in una memoria suppletiva; un trombone soffocato e quasi dolente aleggia in posizione aerea (senti la traccia IV), senza mai viaggiare nei territori timbrici convenzionali del trombone a cui ci siamo abituati (traccia VI).