Il Latvian Radio Choir: su Toivo Tulev

0
825

Nel sistema delle credenze giapponesi ve n’è una particolarmente avvertita ed ascoltata: il wabi-sabi è una constatazione della bellezza della vita che malinconicamente sa di essere evanescente, perché non permanente; tale prescrizione buddista riempie molti degli atteggiamenti degli orientali all’estremo est, così come è contenuta negli oggetti e le cose che compongono il mondo materiale, senza escludere quelli appositamente creati nell’arte. La consapevolezza della transitorietà delle cose è una realtà che ha profondamente influito sullo spirito e sul pensiero di molti europei di fascia nordica: in Estonia, per esempio, le splendide importazioni appena citate delle teorie giapponesi fatte da Mare Saare, che le ha formalizzate entro i confini di un trattamento portentoso del vetro, sono manifestazioni di un sentire nomade del mondo, sono tracciati che identificano il pathos di una ricerca della semplicità, della tranquillità rustica, tenendo ben in mente la costante imperfezione che ci circonda. La Saare è collegata al mondo musicale grazie alle provvidenze del compositore Toivo Tulev (1958), per via anche dei magnifici premi organizzati a sostegno di manifestazioni rivolte alla composizione musicale: quei raffinati e vitali disegni incastonati in un rettangolo di vetro trasparente, con le tonalità di colore che si gettano in faccia per la loro capacità di suscitare riflessioni estetiche, si trovano anche nella musica di Tulev; indomito rappresentante della “verità”, Tulev foraggia quella visione drammatica ed intensamente colorata di Lepo Sumera e degli estoni della modernità, che nella coralità assume i contorni di una bellezza intercettabile dall’esperienza spirituale. Per ascoltare Tulev ci si può rivolgere ancora al Latvian Radio Choir, guidato da Kaspars Putnins, che si adopera in una bellissima raccolta per Naxos, dove il coro si presta alla scoperta dell’autore estone tramite pezzi corali puri (senza orchestra), corali con l’orchestra (la Tallin Chamber Orchestra) e di collegamento (i dieci minuti di Legatissimo, pezzo per percussioni affidato ad Heigo Roisin): Magnificat (questo il titolo della raccolta) è esplicativo di una coralità estatica che si nutre di misticismo non effimero e lavora sulle partiture, sulle voci e sul bilanciamento equilibrato delle armonie.
Un evidente lavoro di calibratura si nota sin dai testi: il latino è accanto all’inglese letterario (in I said, who are you? – He said, you” T.S. Eliot ingloba il pensiero di Mansur Al-Hallaj, un antico mistico persiano vissuto vicino al sufismo) o allo stilnovo del Dante Alighieri della Vita Nuova (il sonetto di Tanto gentile); Tulev cerca di avallare una pratica brillante della coralità, ossia quella di rendere quanto più esplicito il messaggio sottostante, cercando di far leva sulle qualità del canto e dell’armonia, e nei solisti del Latvian Radio Choir, Tulev trova il risultato con una certa facilità. Francamente il ponte tra cultura occidentale ed orientale che viene suggerito nelle note è circostanza che passa in secondo ordine rispetto alla qualità degli impasti, delle armonie e delle sollecitazioni previste dalle tecniche: basta ascoltare quella sorta di ovattamento sonoro determinato dall’impianto armonico in cui si muovono le sillabazioni di Suvine Vihm (Summer rain) per capirlo, mentre un celestiale contrasto si materializza nello svolgimento di Tanto Gentile, corale caratterizzato dall’esplorazione microtonale; così come è un carico misericordioso quello che si trova in I said, Who are you? – He said, you, mentre Flow, my tears al suo interno contiene delle parti difficilissime, che si distribuiscono incredibilmente come macchie sonore nello svolgimento del pezzo; qui c’è un punto di arrivo per Tulev, una completezza che probabilmente è più rilevante delle parti operistiche attribuite al controtenore Ka Bo Chan e alle sopraniste Ieva Ezeriete and Inga Martinsone in I said, who are you? – He said, you e Magnificat, poiché Flow, my tears stabilisce un incantesimo che spesso non si produce nell’opera e sta tutto nello studio delle variazioni e della tecnica che nasconde.

 

Articolo precedenteIl Latvian Radio Choir: su Georgy Sviridov
Articolo successivoFigurazioni di Cowell, vicoli ellenici e qualche duo senza prevenzioni
Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.