Nirmali Fenn (1979) è una compositrice originaria dello Sri Lanka, cresciuta tra un orfanotrofio e dei genitori adottivi australiani. La sua storia è piuttosto indicativa di come, anche nelle difficoltà più estreme, la volontà e il talento riescono ad emergere: particolarmente predisposta alle sonorità del mondo, la Fenn ha studiato con i compositori austrialiani Gordon Kerry e Brenton Broadstock, prima di fare il balzo qualitativo nell’Oxford University retta da Robert Saxton. La raccolta di sue composizioni da camera, appena pubblicata dalla Kairos, ha più di un motivo di interesse per imporsi: innanzitutto svela uno stile personale ritagliato in alcuni spazi specifici della musica contemporanea, poi fa riflettere per alcuni percorsi che si potrebbero sondare per il futuro. Quanto allo stile, le 6 composizioni contenute in The clash of icicles chamber music (eseguite da elementi di un ensemble in fase di ascesa, l’Hong Kong New Music Ensemble) vengono presentate come lavori osmotici degli ambienti in cui la Fenn ha vissuto in questi ultimi anni, in giro per il mondo; alcuni suoni o rumori rimasti impressi nella memoria che vengono deviati in una prospettiva spaziale, di qualsiasi ampiezza essa sia: l’orizzonte che si perde a cielo aperto dietro ad una finestra di un appartamento di Hong Kong, la frenesia di sirene e auto che popola la New York che dà spazio ad un camminatore sul filo appeso tra due grattacieli, la densità dell’aria di Bergen mentre si ascoltano i suoni di una funivia in movimento, la percezione dei suoni della natura australiana che entra in comunicazione con la particolare conformazione del paesaggio. Tecnicamente, tutto ciò, si riversa nella musica tramite alcuni efficaci manovre: la scelta degli strumenti, la preferenza delle trame corrisposte nei registri alti, un’attenzione alle linee melodiche che fa i conti con la sua provenienza geografica d’origine; quanto agli strumenti la Fenn dà ruoli fondamentali alla fisarmonica, al flauto e all’oboe, che vengono esplorati nelle loro risonanze ed acutezze armoniche: in The Clash of icicles against the stars (per fisarmonica, flauto e sheng) e in Through a Glass darkly (per clarinetto, fisarmonica e tromba), gli impasti devono fare i conti con il flusso energetico profuso nei condotti dell’aria degli strumenti a fiato che si mimetizza con le aperture di una fisarmonica splendida, totalmente fuori dal comune, che lega ma allo stesso tempo va anche a caccia di similitudini con i timbri altrui.
L’uso delle estensioni è equilibrato in maniera eccellente con le serie melodiche: Scratches of the wind (per solo flauto alto), The ground of being (per flauto e flauto alto), nonché nella sua sua multifonia ammaliante Reaction in force (per solo oboe), rivelano un’attenzione che probabilmente ha a che fare con la musica popolare dello Sri Lanka, a sua volta influenzata dalle tradizioni indiane; in molti passaggi si avverte una percezione subdola di quanto può trovarsi nella tradizione Sinhala, musica che enfatizza la natura, i fiori e gli animali, con una dolcezza ipnotica che viene naturalmente sferzata nella materia liquida e tensiva propria della musica estensiva. Si tratta di fraseggi improntati alla vibrazione sonora, alla microtonalità, su gamme di registro solitamente acutissime e ben amplificate, che fanno pensare ad un lavoro futuro di relazione tra idiomi orientali ed occidentali: non è un caso che la Fenn abbia scritto Pokòj w Pokoju, un pezzo vocale in soccorso della pace nel mondo, per l’Accademia fur Tonkunst di Darmstadt (che non è naturalmente qui compreso); lo scopo dell’esperimento tedesco è interiorizzare a modo proprio il dhrupad e gli ornamenti della musica classica indostana, un nobile tentativo di aggiornare le tecniche con idiomi non sfruttati, in grado di restituire una grazia che la musica contemporanea fa fatica a far emergere.