Sembra un paradosso per i compositori classici tonali far convivere nella scrittura un’armonia relazionata con una certa ricerca della sonicità. Effetto degli approfondimenti sviluppati dai contemporanei post seconda guerra, sembra quasi che tonalità e sonicità siano due direttive inconciliabili, un metodo difficile di ricavare suoni che può compromettere molti dei parametri utilizzati nella composizione: prendete un esperimento di Alvin Lucier, di quelli che si svolgono nelle ricerche delle risonanze o dei battimenti, dove alcuni dei parametri fondamentali della musica sono annientati. Molti obiettano che non sono necessarie esplorazioni, perchè un pianoforte suonato in un certo modo lascia molti più segnali di benessere armonico di qualsiasi tecnica dislocativa; sebbene non si possa più invocare il contenuto innovativo della musica, si può senz’altro accogliere il tentativo di aggiornare le sue innumerevoli caratteristiche espressive: l’area nordica ha avuto (e ha) senz’altro molto da dire al riguardo.
Restando nel campo della tonalità, i recenti sviluppi della musica hanno sicuramente esacerbato uno sviluppo sonico dei temi, qualcosa che naturalmente fa i conti con uno sguardo ruffiano rispetto allo spirito sperimentale: nell’Inghilterra dei compositori post-Manchester anni sessanta, un compositore come Julian Anderson può considerarsi, ad esempio, come un netto miglioramento delle forze in campo, poiché lo stesso ha cercato di cooptare nel tessuto strumentale tradizionale alcuni accorgimenti provenienti dal mondo musicale più interessato all’analisi del suono, ossia quello degli spettri e quello dedito alla musica elettronica. Qualcuno ha parlato di mondi trasfigurativi del suono forse con troppa enfasi, ma non c’è dubbio che un tentativo di lavorare sulle qualità acustiche dei suoni sia stato fatto. La lezione di Anderson è stata colonizzata in altro modo dai suoi allievi: tra essi, uno eccellente è il compositore Edmund Finnis (1984), che recentemente ha pubblicato per Nmc R. la sua prima monografia, dal titolo The Air, Turning, un titolo per niente affatto casuale, piuttosto un cartello programmatico della sua musica. Si, perché in tutte le sue composizioni, Finnis cerca di cavalcare un posizionamento strategico della musica in grado di farci girare intorno alla zona sonora, allo stesso modo con cui percepiamo l’aria che gira in un posto all’aperto. Finnis surroga i concetti di Anderson senza interrogarsi sugli spettri o concedersi al suo stile, cercando nella bellezza stentorea della musica il segreto delle vibrazioni sonore e di come esse si possono raccogliere, tramite la trama dei suoni, nello spazio che ci circonda.
E’ un’associazione mentale fortissima e subdola, che si avverte negli otto minuti di Elsewhere, uno splendido pezzo di 9 minuti per violino con riverbero eseguito da Eloisa-Fleur Thom, o nella composizione orchestrale di The Air, Turning, affidata alla BBC Scottish Symphony Orchestra di Ivan Volkov, che svuota la partitura attorno ad un vero e proprio giro di lucentezze ricorrenti. Finnis è dentro l’area di attrazione dei compositori moderni dell’area nord europea e basta ascoltare l’Ensemble di Parallel Colour per capire come la musica si guadagni la sua libertà, il suo romanticismo, ma sempre facendo attenzione alle fattezze dei suoni di piano e violini, alla loro qualità sonora, sfidando probabilmente secoli di partiture scritte nello stesso modo. Registrazione impeccabile, è una ricerca di “cielo” quella che viene fuori da Finnis, avvertibile in maniera netta in Between rain (London Contemporary Orchestra), dove spinte accordali, colpi melodici improvvisi ed estatici volteggi delle strutture musicali approcciano il panorama sonoro dell’ascoltatore con forza ma anche con una grazia proverbiale: anche qui il trattamento sui suoni è vitale. Sono fontane di bellezza e di apertura alla riflessione che si presentano nei 4 duets tra clarinetto e piano, così come un moto rotatorio aereo viene condotto nell’espressione complessiva di Shaden Lengthen, che ha in sé semi evidenti del movimento modern classic. In questo set di composizioni io avrei aggiunto Colour Field Painting, ossia una dimostrazione efficacissima delle capacità dell’inglese anche sulla composizione interamente costruita con l’elettronica, un disegno affascinante di suoni inebrianti, che vengono usati con una parsimonia, una finezza e una fantasia notevole.
I riferimenti poetici di Finnis sono rivolti allo scrittore scozzese Robin Robertson e ai suoi primi libri scritti tra la fine e l’inizio del nuovo secolo (A painted field e Slow Air), scritti che vogliono combattere le paure e le pene del mondo mettendoci contro la grazia, la sincerità e gli enigmi (belli o inquietanti che siano) della natura; in Finnis, però, c’è anche una componente misericordiosa, che lo avvicina alla riflessione di Rilke.