Più di 400 anni prima della venuta di Cristo, un filosofo greco di nome Parmenide si interrogava sull’Universo e sulle coppie di relazioni: luce-buio, spesso-sottile, essere-non essere, etc. Parmenide fu ripreso dal Kundera dell’Insostenibile leggerezza dell’essere, per verificare la polarità tra pesantezza e leggerezza della vita, scoprendo che questa opposizione è la più misteriosa ed ambigua tra tutte le contrapposizioni subìte in natura. La musica per flauto di Claudio Ambrosini sembra accogliere in equilibrio la contrapposizione di Parmenide, che comunque fissava una polarità positiva alla leggerezza ed una negativa alla ponderatezza.
Il paragone sorge in relazione alla pubblicazione di Tromper l’oreille, cd di Ambrosini per la Stradivarius R., in cui viene contemplata tutta la produzione al flauto (in solo, in duetti con altri strumenti, con live electronics), una realizzazione che è anche storia dello strumento, poiché il primo pezzo scritto dall’autore veneziano nel 1980, dal titolo Negli sguardi di Eurialo e Niso (per flauto, clarinetto, piante immerse nell’acqua ed elettronica), segna la nascita di un polo colto della musica contemporanea italiana, con Ambrosini che introduce i favolosi strumentisti dell’Ensemble Ex Novo, coltivando la ricerca con il flautista Daniele Ruggieri. Nelle note interne, lo stesso Ruggieri sottolinea una circostanza che io ho predicato da tempo, ossia come molta parte delle opere di Ambrosini (comprese quelle per il flauto) fossero poco conosciute dall’audiance, anche per il fatto di non essere state mai oggetto di una registrazione. Negli ultimi anni, per fortuna, sta cadendo gradualmente questa incongruenza e le opere del veneziano finalmente stanno ottenendo una completa e degna sistemazione discografica, portandoci verso rivelazioni musicali di cui non avevamo pienamente conto. Questa circostanza è utile anche per verificare i contributi specifici che Ambrosini ha fornito al flauto e che sono stati confusi in altri compositori per quanto riguarda la loro paternità: “…assolute novità per l’epoca come certi trilli doppi (tra cui uno oggi diffusissimo, o altri che arrivano a usare due dita su uno stesso foro); o la desincronizzazione tra lingua e dita, o l’uso di micromelodie “scavate” all’interno di un singolo suono, o i suoni “freccia”, i suoni “codati”, le “ombre di suono”….” (Ruggieri nelle note di copertina).
Dal punto di vista estetico, Ambrosini doveva fronteggiare un’eredità piovuta proprio dalle sue parti: Bruno Maderna aveva dedicato al flauto una consistente fetta della sua composizione, in aderenza al suo pensiero compositivo; tuttavia il ruolo assegnato da Maderna al flauto era differente, in cerca di una distensione e di una tenera umanità che non sono mai stati nelle priorità di Ambrosini. La lettura di Eurialo e Niso è sorprendente per come tiene in piedi la tensione musicale, perché nelle evoluzioni di flauto (e clarinetto) c’è un alone efficacissimo di mistero, si sente un presagio ma si avverte anche l’incredibile intesa dei due personaggi del poema di Virgilio, una qualità che la musica di Ambrosini riesce ad esprimere benissimo: a tratti gli intrecci dei due musicisti restituiscono forse forme fantastiche di intesa, una sostanza quasi pastorale, distribuita in codici; in Negli sguardi di Eurialo e Niso, bisogna inserire gli interventi dilatatori del live electronics (che detronizzano l’umore plumbeo del pezzo verso uno più impetuoso e moderno) e una pratica unica dell’esecuzione, che vede i due musicisti immergere in acqua due piante, in modo da risaltare il contrasto musicale dei suoni acquatici: qui dentro c’è tutta la passione per la botanica di Ambrosini, che cerca anche similitudini che sarebbero state degne di un approfondimento sono-scientifico “….avevo, infatti casualmente scoperto che le piante e i terreni, quando sono annaffiati, producono dei leggeri sfrigolii, gorgoglii e altri delicati rumori. La natura bisbiglia, balbetta, sibila… Si fa delicatamente sentire…..”. Composizione bellissima, con le interpretazioni eccellenti di Ruggieri e Davide Teodoro, e l’ottima realizzazione informatica di Daniele Torresan.
L’anno successivo a Negli Sguardi di Eurialo e Niso, il flauto si ripresenta tre volte nella composizione di Ambrosini: con A guisa di un arcier presto soriano (solo flauto ispirato ad un sonetto di Cavalcanti), con Cadenza estesa e coda (commissione per la Biennale di Venezia di quell’anno, con suoni elettronici e spazializzazione di Vidolin) e con Trompe-L’Oreille (per flauto e vibrafono, qui suonato da Dario Savron): nella prima si conferma un’incredibile capacità narrativa, dove il senso del battagliero è quasi sempre smussato in un’area psicologica di suono creata dal flauto; nella seconda la creazione elettronica è costantemente a ridosso di quella acustica e l’idea è quella di rendere scarto glitch ciò che viene preventivamente amplificato; nella terza, l’ispirazione è la tecnica pittorica del trompe-l’oeil, quella tecnica che inganna l’occhio rendendo reale l’osservazione: l’inganno di Ambrosini sta nel trovare identità timbriche tra i due strumenti, in modo che scatti la trappola della confusione timbrica.
La raccolta della Stradivarius (che non è disposta in senso cronologico) evidenzia anche le più recenti sortite del compositore veneziano sul flauto: nel 2012 con Classifying the thousand shortest sounds in the world (solo flauto) e con Erbario alpino (con due ibridi immaginari), per flauto e pianoforte suonato da Aldo Orvieto: si fa avanti la tecnica di “velocità di scorrimento”, tecnica che implica un cambio di esecuzione immediato, ed in generale una maggiore complessità della musica, dovuta ad altre variazioni, tecniche non convenzionali, e stadi di intensità espressiva più pronunciati.
Un altro insopportabile pezzo per flauto del 2016, originariamente destinato all’interpretazione di Mario Caroli al Festival Traiettorie di Parma, è un solo flauto che ribadisce l’accresciuta motilità della composizione di Ambrosini: “….si dice che i timidi finiscano per essere provocatoriamente aggressivi e forse questo è vero anche per i titoli…” (Ambrosini, nelle curatissime note interne); sta di fatto che lo slang di pronuncia di Un altro insopportabile pezzo per flauto fa tanto ricordare lo slang del titolo di Kundera e ne configura una posizione.