A few thoughts about Mario Davidovsky

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Assieme a Kagel, Mario Davidovsky è stato uno di quei compositori argentini che si sono creati una nomea fuori dai confini nazionali. Ci sono almeno un paio di motivi per ricordare Davidovsky nella storia della musica. Il primo è legato ai primi giorni di fruizione del Columbia-Princeton Electronic Music Centre, posto in cui Davidovsky sfruttò il fatto di essere l’assistente di Varese e di avere una completa domestichezza dei primi dispositivi per modificare il suono elettronicamente: nel 1960 Mario cominciò a comporre il suo Electronic Study no. 1, composizione in cui si produceva pioneristicamente nella manipolazione delle onde sinusoidali e del rumore bianco, con plurime stratificazioni, inversioni e trasposizioni dei suoni, ai fini di ottenere un incremento dei loro volumi e della loro densità; Electronic Study n. 1 ha ancora oggi un fascino non indifferente, poiché gli esiti di quella ricerca erano oggettivamente frutto del porsi domande profonde, un lavoro fatto su un ampio canale di azione esteticamente imbevuto di ipotetici e imponderabili interrogativi.

Il secondo motivo per cui ricordare Davidovsky sta nella creazione dei suoi Synchronisms, composizioni che introducono per la prima volta il concetto di relazione tra strumentista e parte elettronica, relazione che Mario ha seguito dapprima con il nastro e poi con i dispositivi di live electronics. Grazie al suo intuito, le partiture tradizionali accolsero nuovi segnali di compresenza, attacco od evanescenza: quello dell’elettronica combinata con gli strumenti era un approccio su cui lavoravano solo Otto Luening and Vladimir Ussachevsky al Columbia Center, tuttavia Davidovsky ne ha fornito un approccio trasversale, una ricerca di congiunzione umana, in cui l’elettronica si pone al servizio della composizione in una situazione paritetica, come una voce a parte, autonoma, rispettosa della creatività del compositore o dei musicisti che eseguono; come da lui stesso paventato in diverse interviste, i Synchronisms dimenticano l’egoismo degli Electronic Studies e si pongono nell’ottica di una grande conquista, quella dell’integrazione tra un musicista virtuoso e un puzzle ricostituito di elettronica viva.

Davidovsky era compositore etico, responsabile, vissuto artisticamente in un periodo che ha visto progressivamente scivolare e perdere di interesse la discussione sull’umanizzazione dell’elettronica, fermo restando che tutte le nuove idee, espresse e portate in circolo, pagano un tributo a quella primordiale innovazione che Davidovsky ha realizzato nella musica. L’invito è a tenere un pezzo fermo di queste facoltà nella vostra discografia: la Bridge R. ha organizzato una serie di cds dedicati alla sua figura, che contengono gli indispensabili riferimenti al lavoro di coordinamento con l’elettronica, mettendo in rilievo anche la scrittura del compositore, alle prese con i normali contrappunti strumentali, in un’ottica non certamente secondaria.

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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.