The history of Western art music has been, among other things, the history of the evolution of performance techniques. Particularly since the end of the Second World War the extension of the ranges and timbres that can be produced by orchestral instruments—and above all, the extension and broadening of notions of what constitutes an admissible sound within the classical tradition—have taken on an increasing importance within the music. What once may have seemed marginal or incidental now is recognized as central and virtually essential to new music, so much so that extended techniques and the variegated sound worlds they facilitate represent something like a contemporary common practice.
Pierluigi Billone’s Mani.Giacometti, one of two substantial works on this new Kairos monograph, takes the contemporary common practice of extended technique and pushes it into uncompromisingly radical territory. Billone (1960), an Italian-born composer active in Vienna, was a student of Salvatore Sciarrino and Helmut Lachenmann; on Mani.Giacometti, a long work for the trio of violin, viola and cello, he further explores and develops the sonorous grounds the earlier composers helped open up. Mani.Giacometti is intended to be a tactile piece: it is all about the touch of the hand as transmitted through the bow and amplified by the instruments’ material substrate of wood. Throughout most of the piece the performers play directly on the instruments’ dampers and tailpieces. The variations in bow speed and pressure, and changes in the points of contact between bow and instrument, create a range of sonorities through which the instruments’ bodies seem to speak. The resulting sound world is uncanny and often unexpected, encompassing brass-like trumpeting; the creaks, squeals and groaning of stressed and pressured wood; nervous tappings; and ethereal rushes of hollowed-out noise. Pitch isn’t entirely absent from the piece, but breaks in occasionally as the throbbing, low-frequency drone of a bowed tailpiece or a sequence of muted microtones in intersecting ascending and descending glissandi. This half-hour long, physically demanding piece is played with admirable endurance and nuance by violinst Linda Jankowska, violist Emma Richards and cellist Alice Purtan of the Manchester, UK trio Distractfold.
Mani.Giacometti’s companion piece on the disc is 2 Alberi of 2017, a work inspired by American poet Emily Dickenson’s poem Four trees—upon a solitary-Acre. The poem describes the metaphysical groundlessness of a world in which destining principle is lacking; in Billone’s composition this teleological void is expressed in the non-communicative, accidental collisions of alto saxophone and percussion. Saxophonist Joshua Hyde sets out a discontinuous series of discrete events made up of long tones, multiphonics, harmonics, and reed buzz, against which are juxtaposed percussionist Noam Bierstone’s dramatically abrupt interventions. Although the interaction of the two voices is deliberately non-dialogical, each affects the other in a sometimes startling play of timbral and dynamic contrasts.
Billone’s work is as demanding on the listener as on the performer; it is a demand worth meeting.
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La storia della musica d’arte occidentale è stata, tra le altre cose, la storia dell’evoluzione delle tecniche di esecuzione. In particolare, dalla fine della seconda guerra mondiale l’estensione delle gamme e dei timbri che possono essere prodotti dagli strumenti orchestrali – e soprattutto l’estensione e l’ampliamento delle nozioni di ciò che costituisce un suono ammissibile all’interno della tradizione classica – hanno assunto un’importanza crescente all’interno della musica. Ciò che un tempo poteva sembrare marginale o accidentale, oggi è riconosciuto come centrale e virtualmente essenziale per la nuova musica, tanto che le tecniche estese e i variegati mondi sonori che esse facilitano, rappresentano qualcosa che è ampiamente accettato nella pratica comune contemporanea.
Mani.Giacometti di Pierluigi Billone, una delle due opere sostanziali di questa nuova monografia di Kairos, prende la consueta pratica contemporanea della tecnica estesa e la spinge in un territorio radicale, senza compromessi. Billone (1960), compositore di origine italiana attivo a Vienna, è stato allievo di Salvatore Sciarrino e Helmut Lachenmann; su Mani.Giacometti, un lungo lavoro per trio di violino, viola e violoncello, esplora e sviluppa ulteriormente i terreni sonori che i citati compositori hanno contribuito ad aprire. Mani.Giacometti vuole essere un pezzo tattile: si tratta del tocco della mano trasmesso attraverso l’arco e amplificato dal substrato materiale del legno degli strumenti. Durante la maggior parte del brano gli esecutori suonano direttamente sugli ammortizzatori e sulle cordiere degli strumenti. Le variazioni di velocità e pressione dell’arco e i cambiamenti nei punti di contatto tra arco e strumento creano una serie di sonorità attraverso le quali i corpi degli strumenti sembrano parlare. Il mondo sonoro che ne risulta è inquietante e spesso inaspettato, uno strombazzamento simile a quanto si può ottenere dagli ottoni; scricchiolii, strilli e gemiti di legni stressati e pressati, picchiettii nervosi e ondate impalpabili di rumore scavato. Il tono non è del tutto assente dal pezzo, ma irrompe di tanto in tanto sotto forma di drone palpitante e a bassa frequenza prodotto da una cordiera ad arco o come sequenza di microtoni silenziati che si intersecano in glissandi ascendenti e discendenti. Questo brano, lungo mezz’ora e fisicamente impegnativo, è suonato con resistenza e sfumature ammirevoli dalla violinista Linda Jankowska, dalla violista Emma Richards e dalla violoncellista Alice Purtan del trio Distractfold di Manchester, UK.
Il pezzo che accompagna Mani.Giacometti sul disco è 2 Alberi del 2017, un’opera ispirata alla poesia Four trees-upon a solitary-Acre della poetessa americana Emily Dickenson. Il poema descrive l’inconsistenza metafisica di un mondo in cui manca il principio del destino; nella composizione di Billone questo vuoto teleologico si esprime nelle collisioni non comunicative e accidentali di sassofono alto e percussioni. Il sassofonista Joshua Hyde mette in scena una serie discontinua di eventi discreti fatti di toni lunghi, multifonici, armonici e ronzio d’ancia, contro i quali si contrappongono gli interventi drammaticamente bruschi del percussionista Noam Bierstone. Sebbene l’interazione delle due voci sia volutamente non dialogica, ciascuna di esse influisce sull’altra in un gioco di contrasti timbrici e dinamici talvolta sorprendenti.
Il lavoro di Billone è impegnativo sia per l’ascoltatore che per l’esecutore; è una richiesta che vale la pena soddisfare.