Nell’evidente limitazione che attanaglia molti pianisti italiani di fronte all’espansione delle possibilità fisiche dello strumento o quantomeno verso uno stile meno attaccato alle convenzioni, c’è quel gap illusorio che poggia le sue basi di principio sul fatto che la musica debba essere vissuta come uno stupefacente e non come un’esaltazione di relazioni, pensieri o creazioni. Su questo punto