I libri di storia del jazz spesso non sono in grado di fornire dettagli delle situazioni che sovente non hanno nemmeno bisogno di interpretazioni. Per il pianista Burton Greene si può applicare benissimo questo principio perché oltre ad essere stato perennemente sottovalutato in rapporto alla sua bravura, è stato anche musicista che ha dato vita ad eventi unici ed incontrovertibili della storia del jazz e dell’improvvisazione libera. Un pianista meraviglioso, che si trovò ad affrontare un periodo propizio per il free jazz e per le sue novità astratte. Greene aveva uno stile unico, una sorta di mediazione tra gli spigoli di Monk, il rimuginare di Taylor e la cogitazione negli interni del piano di Cowell. Proprio secondo Cowell, Greene fu il primo pianista jazz a registrare un disco usando la tecnica non convenzionale, suonando sulle corde interne dello strumento intorno al 1965.
Musicista coerente, ha tirato fuori albums che ancora oggi sono limpidi all’ascolto, oggetti d’arte con tanta gente intorno che ebbe più risalto di lui. Soprattutto la discografia dei sessanta/settanta è piena di idee originali, di confluenze classiche moderne e straordinaria per la sua diversità di stile.
Greene viveva in una casa-battello galleggiante sul fiume Amstel che attraversa Amsterdam.
RIP Burton