C’è bisogno di affermare che Sylvano Bussotti è stato uno dei più importanti compositori italiani di sempre? Che opere come il Bergkristall, Le bal Mirò o La Passion selon Sade vi fanno entrare in un mondo unico, dove manoscritti, costumi, procedimenti di costruzione scenografici sono in grado di respirare, di imporsi immediatamente e dar vita a delle opere totali? Che la storia della partizione grafica, della scenografia teatrale e dell’impegno politico attraverso la musica passa da lui?
Mi occupai delle operazioni musicali di Bussotti già molto tempo fa, rivendicando anche un’attenzione sull’attività strumentale e poi, in un volume lussuosissimo ideato da Daniele Lombardi edito dalla Fondazione Mudima, dove celebravo le sue sinestesie. Se volete fare un ripasso trovate i miei articoli a questi links:
–Sylvano Bussotti tra memorie della Passion e stilismo orchestrale
–Sylvano Bussotti: Totale libertà
Bussotti faceva parte di una generazione di compositori che realmente pensava la musica come una scienza, un’attività da laboratorio utile per la scoperta interdisciplinare e senza forse troppo volerlo, furono molto spesso in grado di produrre contenuti affascinanti dal lato estetico. Della serie “geni senza la ricerca del clamore”.
RIP Sylvano.