Tra i tanti tagli effettuati tra le meraviglie musicali del secondo novecento non mancano certamente quelli su Paavo Heininen (1938-2002). Quando parlo di tagli, parlo di musica che è stata eseguita in concerto ma di cui non è mai stata disponibile una registrazione ufficiale. Da questo punto di vista e nonostante sia stato una figura essenziale del modernismo finnico, ancora oggi riesce impossibile per l’ascoltatore inconsapevole poter accedere alla completezza della produzione di Heininen. Tom Service del The Guardian lo ha inserito tra i primi dieci sinfonisti finlandesi (usurpando persino Sibelius), altre fonti mettono in evidenza una tendenza serialista del compositore condivisa con una neoclassica, quasi tutti sono d’accordo nel vedere Heininen come l’educatore di una generazione di compositori finlandesi che hanno avuto successo e credito (Lindberg, Saariaho, Tiensuu, Kaipainen, etc.), ma in tutti i casi citati riesce difficile capire su quali composizioni puntare. Sulla base delle registrazioni disponibili, non avrei dubbi ad indirizzarvi meno sulla parte sinfonico-orchestrale e più su quella chamber, soprattutto allo scopo di cogliere le differenziazioni parametrali che Heininen ha mostrato nei pezzi che guardavano con forza gli ambiti della scuola di Schoenberg e soprattutto di Berg, nel caso del finlandese; in questo modo vi imbatterete in piccoli capolavori che non hanno ancora perso nulla del fascino originario come Musique d’été op. 11 del 1967, per ensemble di sei elementi (lo trovi in Meet the Composer, una raccolta monografica molto famosa edita dalla Finlandia R.), come i lavori al pianoforte solo tra il 1974 e il 1975, ossia Poesia squillante ed incandescente op. 32a, Préludes-Études-Poèmes op. 32b e Poésies-périphrases op. 32d (raggruppati in una registrazione del ’91 eseguita da Jouko Laivuori), il primo string quartet Kwartet smyczkowy op. 32c del 1974 e certamente inserirei le riaperture per piano e organo di Quincunx Duplex (si trovano in Music for piano and organ, una raccolta con brani anche di altri autori) che sono più recenti; non dimenticherei nemmeno l’importanza di un’opera come Silkkirumpu (The Damask Drum) op. 45, che di fatto è stato il primo tentativo di scardinare un perbenismo operistico forgiato sulla classicità che era molto forte in Finlandia e che ha sicuramente procurato antipatia musicale a Heininen.
Date le considerazioni fatte, si capisce che lo stile di Heininen si è prodotto in misure diverse a seconda del caso, tuttavia nelle prove citate si trova il lato migliore, una complessità e raffinatezza che conserva il fascino della composizione nordica, quella sospensione espressiva e mancanza di fulcro che nascondeva un afflato espansivo per la vita, qualcosa che Heininen interpretava come una “petite symphonie joyeuse”.
Spero venga riscoperto.
RIP Paavo Heininen