Il commiato per Kaija Saariaho: qualche pensiero

0
418
photo Andrew Campbell

Ieri è scomparsa la compositrice finlandese Kaija Saariaho a 70 anni. Un comunicato della famiglia pubblicato sui social ci ha reso edotti di questo lutto. Saariaho è stata una delle compositrici più importanti del suo paese e una delle più stimate a livello internazionale, e viene giustamente ricordata come una delle più innovative compositrici della seconda onda dello spettralismo. Su queste pagine il suo nome è stato citato tante volte per via dei numerosi contributi portati nel campo della ricerca, soprattutto nell’area della composizione assistita dalla tecnologia: i suoi studi all’IRCAM, l’originalità delle sue esplorazioni e le competenze acquisite sui software, la trasposizione delle sue sintesi alle orchestre e agli strumenti (elaborate nella modifica dei parametri e dei programmi informatici), sono tutti elementi che hanno sviluppato quanto i primi spettralisti non avevano ancora fatto. Inoltre, andrebbe considerato anche il ruolo di donna dotata di una intelligenza finissima che è venuta fuori in mezzo ad un mondo compositivo normalmente frequentato da compositori uomini.
Mi ero occupata di lei già nel 2012 quando ci fu la pubblicazione su Ondine di un tris di sue composizioni, due orchestrali (il concerto per clarinetto di D’Om Le Vrai Sens e Laterna Magica) e una raccolta di poetici lied per solo soprano e pianoforte. Sono andato a rivedere quell’articolo rifondandolo parzialmente e potenziandolo con ulteriori informazioni, utili per permettere un riconoscimento quanto più chiaro possibile della personalità artistica ed espressiva della compositrice finlandese (lo puoi leggere qui). Da quella data in poi (circa 11 anni) Saariaho si è concentrata quasi esclusivamente sulla scrittura strumentale e certamente una buona aggiunta al suo repertorio si trova ancora nell’orchestra: nel 2019 fu pubblicato un CD sempre per Ondine che conteneva cose egregie come Ciel D’Hiver, True Fire e Trans, quest’ultimo contributo che la vedeva al lavoro come concerto all’arpa. Mi spiace veramente di non aver avuto il tempo di contattarla.

Kaija Saariaho intercettava una dimensione della musica che era una dimensione mentale. Quando compose Verblendungen rifletteva già su un pensiero dinamico degli eventi musicali con connessioni che a molti parevano invisibili o improbabili. Le parole spese nel finale delle note di programma di quel pezzo sono ancora oggi il racconto più efficace che si può fare delle sue qualità compositive e delle sue congetture:
Eblouissements, surfaces différentes, tissus, textures. Poids, pesanteur. Etre aveuglé. Interpolations. Réflections. Mort. La somme de mondes indépendants. Ombrage, réfraction de la couleur“.

RIP Kaija Saariaho

Articolo precedenteMark Dresser: Tines of Change
Articolo successivoIl quartetto d’archi nell’ottica dei jazzisti
Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.