Festival MUSIC MULTIVERSE – Nuove rotte tra gli universi del suono

0
1126

Nel legare passato e presente della musica i compositori e musicisti hanno fornito uno dei più potenti modelli di continuità dei percorsi artistici. La riflessione cade spesso sul concetto di “modernità”, un sostantivo che in un’ottica di revisione dei codici estetici della musica, andrebbe maggiormente specificato, poiché parlare di modernità non significa certo parlare solo di attualità. Comunque, un cambiamento di rotta non indifferente sull’unità dei tempi è arrivato nel secondo novecento quando i compositori e i musicisti hanno spinto i loro itinerari verso la ricerca e la sperimentazione, rendendo più difficoltoso il riconoscimento del modello di continuità appena accennato. Un buon modo per aver conto di questi universi sono le programmazioni delle direzioni artistiche e le scelte fatte nei concerti, qualcosa che positivamente si ripeterà al Festival Music Multiverse il 25 Novembre nella Sala della Musica di Spilamberto (provincia di Modena): in prima italiana il festival presenterà il Reue di Karlheinz Stockhausen e altri tre “sentieri” musicali in prémiere assoluta, ossia i pezzi di Armando Corridore, Chiara Carretti e Silvia Pepe. Dietro il festival non c’è solo un gradiente musicale ma anche una comunità di compositori e musicisti tutta da scoprire, a partire da Corridore che è il direttore artistico per finire alla brava flautista Antonella Bini che un pò tesse le fila di tutto il programma.

Vediamolo nel dettaglio.
Sul Reue, composizione di Stockhausen estratta dal Freitag aus Licht, per soprano, flauto, corno di bassetto ed elettronica, sappiamo già molte cose; conosciamo la collocazione di real-scene all’interno di una narrazione che prende in esame il pentimento di Eva dopo che ella ha tradito fisicamente suo marito Adamo inaugurando una generazione di accoppiamenti con razze differenti e il tradimento teologico del suo maestro, l’arcangelo Michele; sappiamo che Reue è rappresentata in una delle opere più toccanti e allo stesso tempo ancora poco conosciuta del compositore tedesco, porta dentro i caratteri dominanti del suo pensiero, con la partitura che è frutto di un processo globale di interventi che al suo interno privilegia la sincronia tra soprano e musicisti, la permutazione drammaturgica e le stratificazioni di elettronica preregistrata; sappiamo anche che la parte del soprano è corredata di una gestualità che rimanda ad Inori, un pezzo antecedente del 1975 di Stockhausen, in cui il tedesco aveva trasferito ad un mimo/danzatore un vocabolorio di gesti derivante dalle pratiche religiose dei mudra in India.
L’idea di riproporre Reue come particella a sé stante è venuta alla Bini che l’ha implementata assieme a Chiara Carretti (corno di bassetto) e Silvia Pepe (soprano) in un’esibizione del luglio 2022 come parte degli Stockhausen-courses a Kurten presieduti dalla musa per eccellenza del tedesco al flauto, Kathinka Pasveer, che partecipò come dispensatrice della parte elettronica (vedi qui).
La Bini sottolinea le difficoltà dell’interpretazione: “…il particolare che salta subito agli occhi ad un primo approccio allo studio di Reue è il dettaglio di particolari da attenzionare: dalla dinamica (pp, p, mp, mf, f, ff), alle indicazioni metronimiche (esempio: 120/106/71/42,5/180…) alle diteggiature per ottenere dei glissati cromatici. Questi ultimi si dividono in glissati cromatici “corti”, ottenuti anche aiutandosi con l’imboccatura dello strumento, e in glissati che coprono lunghi intervalli, con lunghe durate che prevedono step microtonali precisati anche metricamente. Non ultima l’esecuzione a memoria, per curare così anche l’aspetto scenico, anche da parte delle strumentiste, non solo della soprano…”

Armando Corridore, compositore ed editore specializzato in narrativa fantastica, presenterà Prossimità dell’ombra, una composizione per tape che è nata nel 2020 nelle more del covid; è una rielaborazione di passaggi di flauto e pianoforte presi dal suo ciclo di lieder Poet on a Street Corner, strali per evitare l’isolamento suonati da Antonella Bini e Gabriele Rota e poi manipolati. Si tratta di “allungamenti” sonori, sapientemente concepiti per costruire un’ambientazione che sforna una bucolica situazione d’allarme e speranza recondita: il flauto diventa quasi fluorescente, mentre il piano viene dilatato benissimo agendo sulla manipolazione dei campi di frequenza ricavati dagli interni dello strumento e sull’accrescimento delle risonanze trovate su parti della tastiera. Tutto è sistemato in una sorta di coltre nebbiosa. Bruciore e linguaggio dell’ombra (puoi sentirla qui).

Un’interazione/scambio tra composizione ed esecuzione è ciò che si verificherà nei due pezzi di Chiara Carretti e Silvia Pepe. La prima clarinettista, la seconda soprano, entrambe lavorano sul linguaggio contemporaneo nella fase compositiva secondo espedienti molto interessanti: la Carretti ha composto H, per soprano e live electronics, un brano che si fonda sul suono del battito del cuore della soprano-perfomer (la Pepe, naturalmente) ripreso real time che interagisce con la lettura di un testo tutto infarcito di h inglesi (il testo è stato appositamente creato dalla Carretti); le parole o frasi inglesi non gestiscono dei sensi compiuti, sono spezzettamenti drammaturgici in cui mancano i presupposti per un’immediata fase di collegamento, è qualcosa di totalmente sperimentale che si accorda con le idee di Carretti sul rinnovamento delle drammaturgie che passa attraverso la linguistica e la tecnologia avanzata senza però perdere terreno sul piano dell’attualità degli argomenti trattati e dei rapporti con la musica.
Silvia Pepe ha invece composto CORPS – D’après A. Artaud and R. Hart, per voce, elettronica, flauto e clarinetto. Anche qui trascedenza del linguaggio che viene dal teatro di Artaud e dai concetti di Alfred Wolfsohn (l’antecedente motivazionale della compagnia di Roy Hart)*, l’assurdo da una parte, il viscerale dall’altra: Carretti e Bini saranno sul pezzo, mentre la parte elettronica è un soundscape derivato da voci parlanti/piangenti/ringhianti che entra in contatto con le parti strumentali e con le tecniche vocali estese improvvisate da Pepe; assieme a H della Carretti, CORPS – D’après A. Artaud and R. Hart, dà pieno significato all’idea di “multiverso” che è l’espressione della titolazione dell’associazione e del festival.

C’è tanto da scavare in questo Festival MUSIC MULTIVERSE che si svolge anche grazie alla collaborazione con il Libero Conservatorio Municipale di Musica “Jacqueline du Prè” di Spilamberto e Nuovi Orizzonti Sonori, un festival di musica contemporanea dell’area bolognese che è confluito nel MUSIC MULTIVERSE.

_____________________________________________
Nota:
*  Alfred Wolfsohn era un barelliere tedesco che rimase profondamente scosso dalla morte dei feriti nelle trincee durante la seconda guerra mondiale, soldati che dovette assistere fino alla fine. Incominciò a soffrire di allucinazioni e poi, pian piano, cominciò a sviluppare una sorta di esorcismo vocale, emettendo suoni estremi e potenzialmente terapeutici. L’influenza di Wolfsohn è molto evidente nelle arti perfomative che usano le tecniche vocali estensive, ancor più che nel campo clinico, dove hanno avuto origine.

Articolo precedenteFresh Used Goods: Annesley Black e il duo Santorsa-Pereyra
Articolo successivoMichel Pilz
Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.