Su queste pagine, l’ultima volta che ho citato la sassofonista Ingrid Laubrock è stata in occasione della pubblicazione di And Other Desert Town nel 2014 in coppia con Tom Rainey (leggi qui). A quei tempi, le discussioni sulla musica di Laubrock erano tese a verificare la maturità espressiva della musicista e non facevano ancora pensare ad un approfondimento nella composizione, evento che ha praticamente costituito un corridoio parallelo della sua musica.
Se è vero che con And Other Desert Town Laubrock ha probabilmente messo definitivamente in fase armonici e multifonici (è certamente il lavoro più ‘spettrale’ che abbia mai pubblicato), è anche vero che di lì a poco Laubrock ha subito il fascino delle stratificazioni e delle complessità della musica classica pur capendo di essere fondamentalmente un’improvvisatrice; è un percorso che l’artista ha cominciato con Ubatuba nel 2015, un quintetto con Rainey, il sassofonista all’alto Tim Berne, il trombettista Ben Gerstein e il tubista Dan Peck (vedi qui anche una loro esibizione a Linz). Laubrock affermava che in quella musica poco idiomatizzata nel jazz e con tanta passione per il dettaglio, ci fossero gli equilibri giusti di una personale linea polifonica, moderna e complessa: “…I was looking for balance and polarity, density and space, rhythm and looseness, notes between notes and variety of color...” (Laubrock, liner notes di Ubatuba). Polifonia per Laubrock significa anche quantità, piccoli o grandi ensembles che rendono possibile l’applicazione delle idee, qualcosa che riesce benissimo in Serpentines nel 2016, lavoro di spicco che vede la partecipazione di Peter Evans alla tromba, Miya Masaoka al Koto, Craig Taborn al Piano, Sam Pluta all’elettronica, Tyshawn Sorey alla batteria e sempre Dan Peck alla tuba, quest’ultimo divenuto elemento indispensabile per caratterizzare certe evoluzioni timbriche: in Serpentines si realizza quella coesione fra linee melodiche, zone spiraliche della musica e un’idea compositiva stratificata che è naturalmente predisposta per accogliere le vie di fuga dell’improvvisazione.
Ingrid si dimostra come una delle migliori allieve di Braxton, suona benissimo, fornendo alibi a tutti coloro che la vedono come capace di scrivere musica intrigante: un paio di lavori per Intakt R. incorniciano lo status di compositrice, ossia Contemporary Chaos Practices e Dream Twice, Twice Dreamt, dove il primo le permette l’ingresso in una globalità prevista per gli organici raddoppiati o triplicati di un’orchestra, parti minuziosamente create e orientate ad un caos che pare invece avere un ordine; mentre il secondo è una conferma delle ottime relazioni che Ingrid riesce a creare tra quartetti/quintetti di impostazione jazz/improv e un’orchestra da camera ed è in definitiva il suo lavoro più ambizioso dal lato compositivo (qui puoi vedere un utile trailer del CD). In queste opere si avverte la completezza tecnica della Laubrock, capace di creare textures che dentro hanno tutto, misture di composizione increspate, di energia e microtonalità, di virtuosismo e circolarità.
Ho ripreso questi lavori di Laubrock per dimostrare le consequenzialità che portano a The Last Quite Place e Monochrome, lavori pubblicati nel 2023 che probabilmente sono ulteriori highpoints del cammino della sassofonista: The Last Quite Place la vede costruire musica con un sestetto dove figura (oltre a Rainey) una sezione corde composta da Mazz Swift al violino, Tomeka Reid al violoncello, Brandon Seabrook alla chitarra elettrica e Michael Formanek al contrabbasso, mentre Monochrome, pur prevedendo 4 fasi distinte, è strutturato nella registrazione come un unico pezzo che vede suonare Irabagon, Zeena Parkins, Wooley, Matlock, Rainey e JD Allen, quest’ultimo con lei a suonare le sculture di Harry Bertoia. In entrambi i lavori la base compositiva che rappresenta le fondamenta di tutto lo sviluppo musicale è importante, gli incastri dei materiali sono stati a lungo premeditati, perfetti ed enigmatici allo stesso tempo ed è veramente difficile capire fin dove arriva la partitura (tradizionale, grafica in alcuni punti, con inserzioni testuali) e dove parte l’improvvisazione. A differenza di quanto i titoli impongono di pensare, non siamo di fronte né a luoghi musicali quieti né monocromatici, le definizioni della titolazione dei CDs consentono semmai di pensare a luoghi di partenza della musica poiché gli sviluppi improvvisativi forniscono una materia d’ascolto che è per 3/4 intricata; tuttavia quel caos parzialmente programmato continua ad avere un appeal incredibile e favorisce una lettura extramusicale particolarmente sensata e adeguata ai tempi: se la vita è oggi complessa non si vede il motivo per cui non lo dovrebbe essere la musica!. Nella condizione esistenziale Laubrock ci sguazza e vuole porci davanti ad un principio, quello secondo cui qualsiasi complessità è gestibile: è un’interpretazione personale dominata dal significato positivo, dove difficoltà e bellezza coesistono. Anche l’unico esempio meditativo che compare nella quarta parte di Monochrome e che si sostanzia nella scoperta sonica delle sculture di Bertoia non ha comunque nulla di spirituale da presentare, ma vuole essere solo un modo per comprendere la nostra posizione nello spazio che ci circonda, comprendere l’acquisizione di un ruolo in uno scenario dinamico e apparentemente senza punti di riferimento.
La nascita di un pensiero compositivo specifico (1) si è fatta sentire anche nella relazione musicale con Rainey, poiché da Utter in poi l’istinto compositivo si è fatto sentire anche in un ambito in cui di regola era solo l’improvvisazione libera e il gusto del jazz a dominare. Bisogna tirare delle somme anche qui ed accettare che lavori recenti come Counterfeit Mars, sono conturbazioni preziose che costituiscono il picco della loro espressione (2).
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(1) Laubrock è una compositrice che oggi frequenta anche i circoli americani della musica classica e, aldilà di tutto il lavoro svolto in materia compo/improv sin qui delineato, ha recentemente scritto pezzi classici come Unveiled, per ensemble commissionato dal Chicago Center for Contemporary Composition, nonché vinto un premio di composizione con Ashes, per un quartetto d’archi.
(2) Vorrei ricordare che oltre alla parte compositiva e ai duetti con Rainey (suo marito), Laubrock può essere anche apprezzata in una veste più dialogativa: succede in una serie di duetti sax-pianoforte impostata per Intakt, che attualmente comprende 3 volumi che l’hanno vista suonare con Aki Takase, Kris Davis e Andy Milne.