Maurizio Pollini

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Nel parlare di Maurizio Pollini bisogna far i conti con un’incredibile esegesi della musica e fissare un’epoca in cui l’impegno politico e civile era ideologia e coerenza pratica, qualità totalmente smarrite nel ventunesimo secolo.

Pollini deve essere ricordato per i tanti primati raggiunti:
1) la scelta di un repertorio classico-contemporaneo favolosamente architettato in funzione di una giunzione storico-continuativa: prima di lui nessuno si era mai sognato di mettere in relazione diretta durante un concerto Chopin e gli studi pianistici di Debussy, così come sperimentale fu negli anni settanta inserire Schoenberg e Stockhausen in mezzo a Brahms e Beethoven per un concerto; questo repertorio (si badi bene, uno tra i mille possibili) va visto come una ricostruzione dell’innovazione musicale, dove mettere sullo stesso piano il coraggio dei compositori dal periodo classico alla contemporaneità, da Beethoven alle elaborazioni pianistiche studiate con Nono, Manzoni e poco più in là con Sciarrino.
Con poche parole e tanti fatti, Pollini ha anche tentato di arricchire la preparazione musicale di tanta gente che, per ragioni di lavoro o di tempo, non erano in grado di compierla, grazie ad appuntamenti specifici: tanti milanesi si ricorderanno gli sforzi culturali di Pollini in tal senso e gli incontri che insieme ad Abbado organizzò per meglio diffondere le concettualità della nuova musica contemporanea: a dispetto delle critiche che si possono fondare sull’utilità e la buona riuscita delle sue iniziative, resta il fatto che quel repertorio -un ‘parco’ di bellezza limitato sì nella quantità ma eccellente nella sua sostanza estetica- è un candido impulso all’approfondimento delle complessità.
2) la coerenza politica di Pollini è qualità che è stata sperimentata più volte. Non saranno pochi quelli che ricordano lo ‘scandalo’ della sala Verdi al Conservatorio di Milano nel dicembre del 1972, allorché il pianista esordì sul palco con una dichiarazione scritta su un foglietto in cui criticava il governo americano per aver interrotto le trattative di pace in Vietnam, episodio che scatenò una reazione del pubblico che offese Pollini, che alla fine non suono più; così come si possono ricordare le sue incomprensioni con le istituzioni americane allorché fu invitato al Carnegie Hall di New York per eseguire un ciclo di sonate di Beethoven, quando nello stesso periodo piazze come Salisburgo chiedevano di estendere le esecuzioni di pezzi di Schonberg, Nono, Berg, Boulez, etc.: un’inspiegabile parcellizzazione chiesta dagli americani che rivelava una scorretta presa di posizione nei confronti del pianista milanese.
3) lo stile interpretativo e la diagnosi estetica e poetica che Pollini applicava al suo pianismo è qualcosa che si avvicina all’impulso teologico. La quasi unanimità dei suoi estimatori ha sempre intravisto in lui uno stile rigoroso, profondamente collegato al testo scritto, alla tecnica esecutiva e al solido controllo della tastiera; senza nessun eccesso e con uno spirito razionale il pianismo moderno deve incastrare il ‘dolore’, il ‘dramma’, la ‘frammentazione’, l”elegia’ o la ‘speranza’ in una scrupolosa struttura interpretativa, ma tale aderenza porta però con sé un’oggettivazione di fondo che si è spesso scontrata con la soggettività richiesta all’audience. Forse Pollini è stato mal interpretato nelle sue dichiarazioni, egli ha sempre cercato di evitare aree di sentimentalismo e di retorica della musica, specie per la musica romantica di cui certamente conosceva le ‘trappole’, perciò vanno insabbiate quelle teorie che non sono capaci di mettere in rilievo il pensiero di una lega tra intelletto ed emozione dove, per quest’ultimo sostantivo, andava certamente aperto un dibattito su una riqualificazione dei suoi significati.

RIP Maurizio Pollini

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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.