Negli innumerevoli complimenti che Roland Barthes dedicò a Beethoven nel saggio Musica Practica ne troviamo uno che colpisce per essere una grande verità universale della musica, ossia che l’atto del comporre va visto come un’operazione che viene disegnata e condotta verso prassi sconosciute. Chiunque componga e analizza una frase del genere non può che convenire nell’impegnarsi in un difficoltoso e imprevedibile cammino di scoperta: l’attualità impone di rinnovare le pratiche non note attraverso mezzi fisici ed espressivi sempre più numerosi e interlacciati tra loro. Penso ai