Palle Danielsson

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Hreinn Gudlaugsson - Own work Palle Danielsson in Aarhus, Denmark 2017, CC BY-SA 4.0

Palle Danielsson fece parte a pieno titolo dei contrabbassisti della “generazione ECM”, una coniazione che Luca Vitali indicò nel suo libro Il suono del Nord per suggerire lo stretto rapporto dei musicisti nordici con il produttore Manfred Eicher. Palle era svedese, aveva studiato alla Royal Academy of Music di Stoccolma ed era diventato presto un amante del jazz grazie soprattutto all’ammirazione per lo stile di Bill Evans e del trio, dove la coesistenza della fascia ritmica contrabbasso-batteria era l’ideale supporto del celebre pianista americano. Come già scrissi in un mio vecchio articolo, Danielsson (come Arild Andersen o come Anders Jormin qualche anno dopo Palle) proponeva di approfondire sulle interazioni melodiche del contrabbasso mettendo insieme due qualità dello strumento, quella normale di sostegno ritmico e quella di animatore di un linguaggio solista; il suo jazz intercettava elementi di classica non avanguardistica ed uno spirito tradizionale diluito nella composizione di canti, danze o poemi del suo paese. Nonostante molti miei amici svedesi, norvegesi o finlandesi so che potrebbero smentirmi sul punto, è su queste basi che si può parlare per Danielsson (e per gli altri) di un contrabbasso connaturato al Nord Europa, al suo ‘respiro’ climatico, qualcosa che si attinge subliminalmente nell’umore serenamente nostalgico della musica.

Danielsson è stato uno dei sideman più richiesti e apprezzati nel jazz. Nell’ambito dell’etichetta ECM sono davvero tanti gli albums in cui è scritto il suo nome, da Witchi-Tai-To e Dansere nel quartetto di Jan Garbarek (con la spalla magnifica di Jon Christensen alla batteria) al Belonging e successivi di Keith Jarrett, nel quartetto europeo che l’americano portò avanti per tutti i settanta (My Song, Personal Mountains, Nude Ants); da The Pilgrim and the Stars e The Plot di Rava ai gruppi di Peter Erskine (da cui si possono estrarre pezzi eccellenti come You Never Know, Time Being, As It Is); da Satu di Edward Vesala a Grazing Dreams di Colin Walcott, da Litania di Tomasz Stanko ai dischi dei Rena Rama di Bobo Stenson, finendo con le operazioni sinfoniche di Ale Möller e Hans Ek di The Nordan Suite basate sui miti scandinavi. Ma anche fuori dall’ECM si trovano lavori degni di nota tra i quali The Wide Point con Albert Mangelsdorff, Watch What Happens! di Steve Kuhn, Angel of Presence con John Taylor, Some Aspects of Water con Geri Allen, lavori che si distinguono per non essere troppo attaccati alle consuetudini melodiche del jazz. E se volete anche scoprire una luce particolare e forse inedita di Danielsson potreste persino rivolgervi ad un disco del 1975 che accoglie il suo contributo nei Different Days, Different Ways di Karin Krog.

RIP Palle Danielsson

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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.