Uno dei libri più ambigui nella comprensione, letti negli ultimi dieci anni, è stato Fixer la liberté?, una raccolta di scritti sulla musica di Wolfgang Rihm, edita per Contrechamps Editions nel 2013. In quel libro, scritto con contenuti di profondo carattere musicologico, è sviscerato con tanti articoli il pensiero del compositore, andando fino in fondo sul senso della musica e del ruolo dei musicisti. Non a caso il titolo richiama l’idea primaria del compositore, la libertà di affrontare il materiale e di lasciare che qualsiasi porta del passato o presente si possa concretizzare nella scrittura.
In passato ho scritto di Rihm a proposito della musica sacra, uno degli argomenti che più mi hanno colpito assieme alla ricerca letteraria e poetica: i suoi corali, le numerose opere di conduzione nel campo della musica vocale, nonché la colta ispirazione letteraria e l’approfondimento del potenziale sonoro dei testi, hanno trovato spazio in una lunga conciliazione di idee e soluzioni, in cui il compositore non si è mai preoccupato di giustificare i pregiudizi e i dogmi sparsi in tutto il pensiero della musica classica. La storia con Rihm ci ha consegnato intorno agli anni settanta/ottanta del secolo scorso il principale esponente di una teoria chiamata new simplicity (in opposizione alla new complessity di Brian Ferneyhough), una corrente tutta tedesca intenta a recuperare nella musica tutto quel ‘sentimento’ classico che la composizione contemporanea aveva abolito per via di tecniche estreme o ossessive, in buona sostanza cercando una via mediana, una ‘sensualità’ della musica attuata con coerenza e virtuosismo: in uno dei suoi interventi, Carl Dahlhaus si pronunciò sulla musica di Rihm come il capostipite di una nuova scuola neo-Hindemitiana, ma su questo punto la discussione è caduta nel nulla non appena la new simplicity è stata dimenticata (1).
Difficile stilare in poche righe una personalità di un compositore così affascinato dalla riflessione su metodi e sistemi utilizzati in musica, sulla malleabilità delle note e della poesia. Sinfonie, cicli, pezzi orchestrali, musica vocale, scorrono su una linea di presenza che gira su un corpo omogeneo, sono aperture ad un senso tonale soggiacente e ad una voglia di caratterizzare emotivamente il materiale sonoro, qualcosa che lui stesso individuava come una via moderna della musica contemporanea antitetica alle estetiche di un Nono o di un Lachenmann.
Martin Kaltenecker rintracciò per Rihm una forma compositiva a lui ascrivibile affermando che “…ciò che gli importa è il diritto di andare dove vuole, di contattare e toccare tutta la musica già scritta, di amare tutto e di ricominciare […]. La scrittura veramente rizomica di Rihm cerca questi incontri con figure e tecniche conosciute, lasciando la musica che vada in giro e vaghi in uno stato di permanente iridescenza storica“.
RIP Wolfgang Rihm
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Nota:
(1) Gli abbonati possono rifare lettura dei miei vecchi articoli su Rihm, in particolare sulla sua composizione corale e sulla storia del movimento new simplicity. Qui e qui i links.