Una delle aree espressive più prese a cuore dalle nuove generazioni di compositori è quella della rappresentazione della sofferenza umana spiegata attraverso un’attenzione al suono degli strumenti. Si tratta di concentrarsi spesso sulle possibili textures ricavabili dalle indagini della composizione, rifacendosi frequentemente ad una poetica preesistente, glacialmente drammatica o tartassata, oppure ad una personale che si aggancia alle grandi tribolazioni o angosce della società attuale.
Sulla seconda possibilità appena enunciata si muove il compositore americano Jonah Nuoja Luo Haven (1995), del quale mi occupo per una monografia Wergo pubblicata