Nel 1963 Bernard Stollman fondò la ESP Disk, un’etichetta fondata sulla raccolta dell’imperioso cambiamento che si stava verificando nel jazz. Stollman accolse una bella fetta della sperimentazione americana sul genere, in particolare favorendo il free jazz e quanto gli girava intorno: il trio di Albert Ayler, Pharaoh Sanders, il New York Art Quartet (con Graves, Rudd, Tchicai e Worrell), il giovanissimo Paul Bley, Ran Blake ed altri ancora posero le radici del loro lavoro a casa di Stollman. Quel rinnovamento coinvolse anche Patty Waters, una cantante che introdotta a Stollman da Albert Ayler registrò due dischi per Esp, uno in studio nel dicembre del ’65 ed un altro come testimonianza dal vivo nel ’66: Sings e College Tour (questi i titoli dei due album) sono stati consacrati come incredibili attestazioni di merito di Waters, pioneristiche virate verso un tipo di canto che finalmente prendeva in considerazione anche tecniche estensive della voce. I due album di Waters mediavano un canto jazz tradizionale, cupo e dalle basse tinte, con esplosive tensioni drammatiche basate sulla veemenza del sospiro, sull’urlo prolungato e in generale con espedienti utili per rendere l’idea di una sofferenza relazionale toccata alla sua radice: in Sings l’intima desolazione si tocca alla fine dell’album con una versione fuori dal normale di Black Is The Color Of My True Love’s Hair di Nina Simone, mentre in College Tour contiamo almeno 3 episodi in cui si può documentare l’innovazione, ossia in Hush Little Baby With Ba Ha Bad, Song Of Life With Hush Little Baby e Song Of The One (I Love) Or Love, My Love, incredibili epitaffi discografici per oltre un trentennio: si, perché subito dopo College Tour ci fu un lento disinteressamento alla sua musica che probabilmente convinse Waters al ritiro dalle scene.
A prescindere dal suo ritorno e dal fatto che Waters manca di citazione in molte biografie del jazz e free jazz, le succitate operazioni di Waters restano fondamentali nella storia della musica, iniziali punti di studio per il canto jazz non convenzionale ma più in generale apprendimenti indispensabili per rendersi conto dell’evoluzione della materia del canto: in quegli anni i cantanti più intraprendenti (pochi invero rispetto alla massa) si confrontavano con i limiti della voce e per Waters il limite da superare era quello ‘espressivo’. Non ci sarebbe stata una Diamanda Galas senza una Patti Waters, così come le profonde e glaciali aperture della poetica musicale di Patti Smith hanno un antecedente in quelle di Waters. Patti è stata davvero una pioniera di un certo tipo di canto, oscurità ma anche rarità del pensiero.
Ho appreso la notizia della sua scomparsa con un pò di ritardo. Patty è deceduta il 29 giugno scorso. Per una rivista come la nostra che si occupa di libera improvvisazione era doveroso un minimo ricordo su queste pagine, per colei che è stata una riservata precorritrice del canto non convenzionale.
RIP Patty Waters.