In un momento in cui la società e la politica si trovano in un’evidente crisi di identità, l’arte recente potrebbe dettare soluzioni. A patto di essere compresa. Il degrado culturale spinge verso l’accoglimento di un’arte massificatrice, grossolana, ma al tempo stesso fa brillare di luce la sperimentazione e tutto il lavoro artistico che si distingue per complessità, concettualità e senso politico.
Pochi ricorderanno, per esempio, i movimenti sulla poesia visiva degli anni sessanta, probabilmente solo gli adepti del settore, ma artisti come Eugenio Miccini o Lamberto Pignotti vanno ‘coltivati’ ancora oggi per la forza della sperimentazione e i contributi alla interdisciplinarietà delle arti. Pignotti è uno dei padri della poesia visiva come arte plurisensoriale, chiamata anche verbovisualità, un modo per evidenziare con molta esemplificazione un formato artistico che fa interagire scrittura e immagini: nel 1969, il collage di Pignotti sul ‘governo in crisi che si nasconde nei portabagagli’ creava una rottura semantica sull’argomento, invitando il fruitore a scardinare il tipo di messaggio convenzionale dei mass media; nei suoi poetici ‘labirinti’ Pignotti usò materiali visivi presi dall’enigmistica, costruendo percorsi da criptare in concomitanza di riflessioni della poesia che indagavano sullo smarrimento e sulla necessità di non fermarsi al caos di una segmentazione delle parole, ma di trovare significati proprio sulle differenze, un pò aderendo alla mentalità filosofica di Deleuze.
C’è ancora spazio di celebrazione per Pignotti, grazie a realizzazioni spontanee che provengono anche dal campo musicale. Lunedì 28 ottobre, al Teatro Basilica (Piazza di Porta S. Giovanni, 10 – Roma ore 20), Barbara De Dominicis, Cristian Maddalena e Francesco Ziello sonificheranno i versi tratti da “Labirinti” di Lamberto Pignotti. Attraverso voci, elettronica e shamisen, e una sorta di azione sonora che si inoltra nel linguaggio improvvisativo, i tre musicisti cercheranno di implementare una definizione musicale dell’arte di Pignotti, soprattutto della poesia labirintica dell’autore, che si apre ad un’estetica onirica e supplementare.