Da un’idea di un “teatro della percussione” a partire da un duo di percussioni (percussion conversation) con Fritz Hauser: una ricerca sonora attraverso l’improvvisazione ed una scrittura temporale minima, all’interno di una architettura del vuoto e del silenzio, come un paesaggio sonoro quale luogo di ascolto ecologico.
Sostiene Hauser: «Il silenzio è un oceano senza fine; il suono è il vascello per navigarlo». Due metafore che aprono abissi di senso sui quali l’ascolto di questo magnifico lavoro, spartito in due dischi, invita ad affacciarsi. Con Armaroli, che è il compositore e l’unico realizzatore della parte più concettualmente hard del progetto – il lavoro eponimo che occupa tutto il primo disco –, Hauser collabora, solo nel secondo cd, alla riesumazione dei suoni sepolti o dispersi nel silenzio e alla loro ri-composizione in un continuum che figura come il compimento di un processo, di un percorso di graduale ritorno alla musica da una situazione in cui essa si dà solo come silenzio strutturato. Ovvero una condizione che postula la valorizzazione del silenzio come funzione essenziale del suono. Strutturarlo, il silenzio, ossia dargli una forma, è quindi possibile solo attraverso il suono, a sua volta pensato come unicamente finalizzato a questo scopo, e attraverso il convitato di pietra, il tempo, per rimodulare il concetto di pausa. Quanto di più paradossalmente e allo stesso tempo più intrinsecamente musicale? L’ascoltatore, comunque, viene introdotto in un mondo nel quale prodigi di tersezza, di trasparenza, di perspicuità dei costrutti potranno distoglierlo da considerazioni metamusicali.
Dalla Bona
Structuring The Silence: the Garden (2024) chiude idealmente un ciclo di lavori che dal 2016 hanno caratterizzato il mio approccio aperto alla forma musicale e