Parlare della musica della compositrice Milica Djordjević significa affrontare un porto sicuro nell’ambito della musica contemporanea. In altra occasione ho sottolineato come la compositrice serba sia una donna intelligente, molto competente nella scrittura, come ella sollevi il profumo di un assioma culturale che macina le avanguardie dell’Est nate circa 60 anni fa (dalla musica al cinema, passando per la letteratura) e stimoli una lettura emotiva della musica attraverso una concezione sonica permeabile (1). Soprattutto sul versante orchestrale la Djordjević occupa una posizione di rilievo che piace sia agli amanti della musica classica che a quelli più esigenti di Xenakis, Penderecki o Ligeti nel loro periodo più fervido, quando la sperimentazione di timbri, spettri e tecniche estensive sugli strumenti