Mi capita spesso di interrogarmi sulla rappresentatività delle arti. Forse, per le menti schematiche come la mia, è quasi necessaria una sistemazione dei periodi storici, delle turbative e delle innovazioni che si sono sviluppate all’interno di multipli processi di trasformazione di strumenti, metodi e umori della società.
Sulla funzione rappresentativa della musica abbiamo alcuni esempi remoti che vorrei citare, partendo dagli albori della filosofia greca: il mondo filosofico di Platone o di Pitagora portava con sé la contemplazione di una felicità della pratica musicale o ancor più un’armonica consapevolezza di un cosmo di cui non si conosceva quasi nulla, ma si è dovuto aspettare Aristosseno di Taranto per ottenere l’alba di un riconoscimento pratico della musica; sebbene i greci