David Thomas

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David Thomas performing as part of EMP Pop Conference Night at the Sunset in Seattle's Ballard neighborhood, part of the 2009 Pop Conference, Experience Music Project, Seattle, Washington. Photo Joe Mabel. CC BY-SA 3.0

Prima dell’avvento dei Pere Ubu e di David Thomas, il cosiddetto garage rock nella sua più intima costituzione era uno dei meno avveduti tentativi di creare modalità intelligenti del genere rock. La totalità dei gruppi che formavano quell’area della musica erano caratterizzate da uno stile grezzo, con strutture musicali basate su pochi accordi di chitarra elettrica, un fuzzbox per le distorsioni, basso pulsante e batteria aggressiva e impostata su uno standard ritmico, per cui era molto probabile scoprire che i musicisti del garage sapessero fare solo poche cose con i loro strumenti; e poi, modesti impianti melodici, modesti cantanti e testi poco sofisticati.
Con i Pere Ubu si aprì un varco insperato in quest’area musicale perché di colpo tutti i parametri musicali vennero trasformati: The Modern Dance (1978), album seminale ovviamente confuso nel marasma punk dell’epoca, fu la dimostrazione di come si poteva costruire un prodotto musicale che migliorasse di netto lo stile pulsante e la ricercatezza di melodie, strutture del canto e poetica dei testi. Prendendo spunto dall’alienazione che spingeva già i giovani più sensibili degli anni settanta verso la depressione e il rifiuto di una società schiava dei meccanismi economici, i Pere Ubu addomesticarono il garage portandolo in una zona di variazioni perfettamente collegate tra di loro: le chitarre cominciarono a liberarsi dalle consuetudini con free forms adeguatamente pensate, la sezione ritmica conobbe la pluralità di poliritmi e dello spazio d’attesa, il canto diventò un grottesco strumento della rappresentazione che grazie a David Thomas acquisisce una psicosi concludente, con un afflato poetico inimmaginabile per un gruppo di garage rock. In un’intervista Thomas definì la musica di Pere Ubu e anche la sua musica (quella racchiusa in una miriade di bands da lui organizzate) come ‘avant-garage’ o ‘mainstream rock’, specificando così che non si trattava di sperimentazione rock ma solo di idee rimuginate nell’ambito di una differente organizzazione dei parametri musicali del rock.
Per tutti questi anni Thomas è rimasto fedele ai suoi istinti, un bravissimo artista con la sua musica, i testi, il modo di gesticolare, il veicolare il canto secondo un piano di surrealismo espressivo, strilli, mugugni e una folle e gelida rappresentazione della realtà (qualcosa che ogni volta ha bisogno di un’intensa opera di approfondimento dei testi per potersi rendere intellegibile). Sembra chiaro che tutto ciò lo ha reso attraente anche ai mondi musicali che esulano da quello tipicamente rock.
I consigli d’ascolto su Thomas vanno coniugati sui primi albums dei Pere Ubu, dal citato The Modern Dance fino almeno a Songs of the Bailing Man del 1983 (prestando particolare attenzione nel mezzo al notevolissimo Dub Housing e Art of Walking), lavori che mettono in risalto anche le qualità dei musicisti intorno a Thomas, per poi passare ai suoi albums, contestualizzando il miglior periodo intorno ad un box di 5CD denominato Monsters, in cui trovare la ristampa dei primi cinque albums di studio dell’artista (da The Sound of the Sand del 1981 a Monster Walks The Winter Lake del 1987), aggiungendo Erewhon del 1996.

RIP David Thomas

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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He studied music, he wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.