Una mappatura completa della composizione italiana: la Musica presente di Renzo Cresti

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In L’attimo fuggente, il film capolavoro del regista australiano Peter Weir, c’è una scena dilaniante dal punto di vista della riflessione didattica: il professor Keating invita i ragazzi a strappare intere pagine dei loro libri di letteratura, per argomenti riguardanti autori o movimenti a lui insignificanti. Questa visuale, frutto di un’evidente situazione di enfasi amorosa per la poesia e la sua essenza, ha dato vita ad un dibattito accesissimo sulla validità di questo orientamento, oltre che sul rispetto profuso sulla materialità dei libri, concepiti come organismi viventi. Ciò che subdolamente caratterizzava quel film era il fatto di centrare esattamente un bersaglio, quello della perenne modernità di un certo tipo di poesia e, conseguentemente, dell’inutilità di altra: Weir, attraverso Keating e i suoi ragazzi, stava compiendo un delicatissimo intervento di estetica dell’arte poetica. Le divisioni nella musica, fatta sulla scorta di principi di qualità, esperienza e sostanza emotiva, sono altrettanto benvenute e, tra i rappresentanti di coloro che hanno saputo meglio interpretare la storia e i suoi confini, non possono mancare quelli che hanno anche capito che è necessaria un’analisi ampia, riveduta ed aggiornata di quanto è successo fino ad oggi: riconoscere e saper regolare le complessità è il compito che oggi viene richiesto a chiunque si occupi in maniera professionale di critica musicale. Il professore Renzo Cresti è da un bel pò che appartiene ad un pensiero musicale in grado di soddisfare tale compito: è piuttosto slegato dalla rigorosità a tutti i costi degli accademici, certifica le decadenze di quanto è accaduto nella storia (e di quanto accade), vira sui molti spunti che hanno cambiato la musica e l’utenza; in quello che si è annunciato come lo “studio di una vita”, ossia un volume di circa 1000 pagine che forma Musica Presente, Tendenze e compositori oggi (ed. Lim), Cresti ha compiuto un’operazione unica in Italia, mettendo in linea tutti i principali compositori italiani nell’arco temporale che va dai nati degli anni ’50 del secolo scorso fino al limite estremo dei millenials. Si tratta di un lavoro enorme, collaudato dal tempo e dalle pubblicazioni onnicomprensive che Cresti ha profuso in tutti questi anni (tra queste spicca l’Enciclopedia italiana dei compositori contemporanei), dove ogni compositore o artista è presentato in una scheda dalle caratteristiche non strettamente biografiche, spesso aperta al contributo (autoanalisi) del compositore o dell’artista stesso, espressione del connubio teorico invocato come razionalità-sentimento, connubio che Cresti sta divulgando ed applica attraverso i suoi numerosi scritti. Questo tomo si presta a chiudere il cerchio su quanto Renzo aveva cominciato a fare con Ragioni e Sentimenti qualche tempo fa (vi invito a leggere la mia recensione di quel libro qui), sebbene sia totalmente incentrato sulla catalogazione italiana.

L’opera di Cresti è dunque una sontuosa operazione di classificazione, una marea ragionata di nomi che, dopo aver affrontato il mondo della composizione classica e coinvolto anche il jazz italiano, si apre ad un’analisi istruttiva sul versante di quanto accaduto nel rock progressive e nella sperimentazione italiana, grazie anche ai contributi rinvenibili dai libri di Antonello Cresti. Il testo è corredato, inoltre, di potenti spiegazioni delle fasi storiche (strutturalismo, post-moderno, iper-moderno, fasi attuali del pop e delle musiche ibride che compongono gli scenari attuali) che hanno alimentato quelle generazioni di artisti, sviluppa anche concetti estetici e filosofici ove è necessario assicurare all’analisi una concretezza riflessiva e fornire conciliazione e descrizioni delle tendenze succedutesi in questi ultimi 60 anni circa a ritroso. Ci sono dei passaggi veramente apprezzabili in questo libro, come ad esempio accade leggendo quanto Renzo scrive a proposito delle metodologie utilizzate dalla critica musicologica, dichiarando che essa si è sempre ricondotta a criteri filologici, storicisti e scientifici e dice: ” ….tutto questo va contestualizzato e lasciato alle spalle, per rivolgersi a una cultura del presente e della presenza, dove cronaca, narrazione dell’oggi, stimoli, passioni, molto umane forse troppo, vanno a intrecciarsi a studi di storia e geografia, di antropologia e composizione, relazionati al molteplice vivere comune, alle rapide trasformazioni socio-culturali, al sentimento di appartenenza a culture eterogenee…” (Cresti a pag. introd. LXVIII).

Tutti i compositori e gli artisti citati sono stati vagliati attraverso l’ascolto, le partiture, le informazioni disponibili e Cresti avverte che le schede sono il frutto di una propria angolazione e di una soggettività “controllata”, un concetto che verrà più volte ripreso con una voluta enfasi giustificativa, per evidenziare come la redazione degli eventi e dei giudizi sia il risultato di un’analisi che passa dal filtro dell’esperienza, dall’osservazione delle tecniche e delle nuove tendenze; prendere in considerazione un sistema vastissimo significa anche impossibilità di fornire un completamento eccellente su un libro, seppur gigantesco. Cresti, inoltre, affronta con giudizio alcuni dei problemi atavici che ricorrono nel campo della composizione, ossia quello della scarsità del repertorio registrato, dei modi di pensare dei compositori (una variabilità nel tempo che spesso li induce a rinnegare i loro pezzi) e della trascuratezza che spesso accompagna tristemente la musica dei compositori, una lacuna che può essere colmata in molti casi solo con registrazione private o poste su canali informatici (spesso di cattiva qualità), oppure con partiture che però non sono intellegibili per gli ascoltatori normali di musica. L’idea di Cresti è dunque di selezionare, presentare e “avvicinare” chiunque con un metodo di interposizione, un’operazione subdola che ho cominciato a delineare anch’io con Percorsi Musicali già qualche tempo fa: Renzo mi ha scoperto casualmente sulla rete e nel contatto con lui ho scoperto una forte comunanza di idee; in questo Musica presente lo ringrazio pubblicamente per tutte le citazioni che riempiono le schede di alcuni compositori, provenienti da un paio di articoli che scrissi nel giugno del 2014 (si tratta di Bravi, Del Prete, Casale, Liverani, Momi, etc.), allorché mi occupai di fare una selezione delle migliori risorse delle generazioni di compositori italiani, nati tra il 1971 e il 1984 (qui e qui vi ripropongo i links esatti a correzione di quelli riportati sul libro che si rifanno al mio vecchio blog estinto).

Le schede di Cresti hanno non solo un valore cronologico e segnaletico, ma tentano di costruire dei commenti estetici e storici graduali degli eventi importanti avvenuti nella musica: la terza parte, per esempio, quella che passa in rassegna le generazioni dal ’70 in poi, è preceduta da alcune sapienti considerazioni sulla geografia della musica e sulla sempre più incalzante attività di sound art, installazioni musicali e multimediali, che si sono aggiunte ai normali canoni dell’esperienza musicale vissuta tramite il supporto fisico o il concerto. In Musica presente c’è ampia convergenza delle pulsioni odierne della musica e si smantella un pochino quella fabbrica del pessimismo che Renzo (assieme al suo omologo Antonello) ha profuso nella Scomparsa della musica.

Dopo i tantissimi pregi, qui di seguito qualche piccola lagnanza:

a) c’è una omissione nella generazione dei sessanta: si tratta di Giorgio Netti; direi che a prescindere dalla soggettività e dalla lunghezza con cui Cresti ha trattato le schede, la mancanza di un compositore così importante ed influente va sanata al più presto;

b) il taglio e la revisione che Cresti ha dovuto affrontare per evidenti ragioni editoriali poteva essere razionalizzato meglio, eliminando qualche nota esplicativa non particolarmente importante o riducendo la sostanza descrittiva per alcuni compositori. La scheda su Allevi, pur essendo distruttiva, mi pare non strettamente necessaria.

c) pur essendo un lavoro di classificazione da sviluppare con tutte le variabili del caso, compreso l’onere di mostrare a sufficienza la capacità e qualità artistica delle nicchie, rimane l’amaro in bocca per un approfondimento, anche minimo, della free improvisation, una pratica che coinvolge tantissimi musicisti eccellenti e che ha forti collegamenti con la composizione classica. Si sente il dovere di fare di più su questi argomenti così trascurati, che sembrano sempre vivere in una dimensione ignota.

Per il resto Musica Presente è libro prezioso, è un testo che si appresta a diventare fonte di consultazione ufficiale per studiosi, allievi, amanti della ricerca, e più semplicemente per tutti coloro che avranno voglia di scoprire nuove indicazioni sull’eterogeneità della musica attuale. Attraverso una buona lettura si approprieranno del senso del “presente” di Cresti, quel presente che, pur essendo complesso, se si vuole, può essere governato.