Nel Nord dell’Europa il mondo musicale contemporaneo è sempre molto attento alle infinite possibilità che gli strumenti offrono in relazione con la natura, i materiali, gli spazi, gli ecosistemi. L’idea di una relazione sensuale o rivelatrice, da sviscerare attraverso la composizione o l’improvvisazione, ha da tempo preso potere in un sistema sensibile e ricettivo alle modificazioni ambientali; a livello musicale si cerca di condividere un po’ con l’audiance quello strappo qualitativo in grado di favorire la percezione, salvo poi verificare comunque l’entità dei suoni, la loro capacità di filtrare messaggi, stati d’animo, sensazioni. Qui porto qualche esempio, basandomi sull’impegno e su alcune belle pubblicazioni discografiche di alcuni compositori e musicisti di quell’area geografica.
Un’eccellente modalità di costruzione musicale tutta tesa al rispetto degli elementi naturali è fornita dalla compositrice tedesca Malin Bang (1974), da tempo residente a Stoccolma e fondatrice del Curious Chamber Players, un particolarissimo ensemble che è estrinsecazione del suo pensiero: corteggiata anche a Donaueschingen, posto in cui presenterà un suo nuovo pezzo per il consueto festival che si darà ad ottobre, la Bang lavora sulle basi essenziali dell’acustica e dei materiali; microfoni a contatto applicati anche sui telai degli strumenti, una scrittura lachenmaniana ed una considerazione per un ritorno alle materie e ai processi di costruzione degli strumenti stessi sono il suo raggio d’azione; ciò che succede spesso nella musica della Bang è che la composizione fa un passo indietro nel tempo, si confronta con i suoni che costituiscono il processo di costruzione dello strumento o con un suo semilavorato. Il confronto avviene ad armi pari, senza prevaricazioni e con l’intento di sviluppare un ragionamento più alto: in Arching (vedi qui) un violoncello adeguatamente microfonato si apre alla partita dialogativa con un set di attrezzi formato da una tavoletta di legno grezzo (l’origine formatrice del violoncello) percossa da lima, raspa, sega e le mani stesse; in Purfling (senti qui) il violino amplificato si confronta con i suoni registrati su nastro che accolgono tutta l’attività che precede la costruzione fisica dello strumento e perciò la registrazione contiene i crashs e i rumori degli alberi abbattuti e i suoni determinati dall’utilizzo delle seghe o delle raspe del liutaio. Queste contrapposizioni, tutte da acquisire nell’ascolto, sono sempre sostenute da una scrittura emotivamente dettagliata, che vuole esplorare in tutti i modi i rapporti tra l’uomo e qualcosa che somiglia ad uno sviluppo politico, grazie ad alcuni accorgimenti nello svolgimento della composizione: i musicisti o l’elettronica a supporto si inseriscono nei pezzi con frasi sussurrate dentro coni o con spiegazioni concettualmente sostenitrici della posizione politica della Bang in merito alle instabilità del pianeta, posizione che trae origine dagli effetti inquinanti di vario genere (ambientale, acustico, etc.). Tutti questi suoni e strutture sono contenute in un cd recentemente pubblicato per la Neos, dal titolo Structures of light and spruce.
Della relazione tra ambiente, superfici e musica se ne occupa anche la compositrice danese Signe Lykke (1984): senza un centro stilistico delineato, la Lykke si impegna nei territori della percezione con l’ausilio degli spazi. E’ prevista per novembre la prima esecuzione di VIIRS, un concerto che nascerà come esperienza di una residenza dell’artista al Dark Sky Park di Mon (un parco per campeggiatori ecologizzato alla luce per poter guardare il cielo stellato senza interferenze), un modo per restare in sintonia con il sensore satellitare della Nasa che rileva gli eccessi di luminosità delle zone terrestri (il cosiddetto inquinamento luminoso, dannoso per specie animali e per gli uomini) e far riassaporare la bellezza primordiale delle formazioni luminose. Finora la Lykke ha cercato di parametrare la scrittura sulle potenzialità sonore dell’acqua nelle ex cisterne di Sondermarken o per le zone compromesse del Mare di Wadden, con uno splendido pezzo corale dal titolo Wetlands, in cui le parti fonetiche e strumentali cercano il miracolo dell’avvolgimento sensorio (una specie di ascolto surround determinato dal fatto che la disposizione dell’audience e dei musicisti è concentrica), oppure ha costruito un prodotto multimediale, che passa per la danza corporale di Panic Day ed arriva alla video art di Yoshi Sodeoka in Body Textures, un maestoso pezzo lavorato in seno alla Danish Youth Ensemble ed inciso da poco per la Dacapo R. in sola versione digitale; una composizione a più livelli interpretativi che accompagna il panorama sonico delle cellule del corpo umano.
Un’altra relazione interessante è quella che salta fuori da una collaborazione nordica in terra inglese: si tratta di una registrazione che mette in relazione l’improvvisazione con i suoni preregistrati dell’Humber Bridge, un lungo ponte che collega Hull a Grimsby nel nord dell’Inghilterra: oggetto di un progetto culturale, si avvale dell’opera di Jez Riley Franch, specialista del field recording, che per giorni ha avuto l’autorizzazione a vivere nelle strutture interne del ponte e registrare i suoni. Su questo lavoro sono stati coinvolti tre musicisti affermati come Arve Henriksen, Eivind Aarset e il produttore Jan Bang, un’orchestra ed un coro; tutto è stato filtrato alla ricerca di punti di convergenza della musica con le sonorità gigantesche del ponte ed è confluito in un cd dal titolo The Height of the Reeds per Rune Grammophone (vedi qui il trailer di presentazione); probabilmente il cd indulge un pò nella creazione di un tessuto sonoro compiacevole, senza spingersi troppo in una rischiosa rincorsa verso l’intelligibilità dei rumori del ponte, tuttavia affascina anche per le inserzioni poetiche che hanno coinvolto Nils Christian Moe-Repstad, giovanissimo autore norvegese, la cui modernissima poesia copre anche i cosiddetti “avvelenamenti” della società, da inquinamento, epidemie o malversazione politica, etc. (vedi qui una sua scheda e qualche sua poesia in tema).