Noci, paesino dell’hinterland barese di circa 20000 abitanti, può considerarsi un avamposto delle avanguardie jazz in Italia: grazie al conosciuto concerto registrato dalla Italian Instabile Orchestra fondata da Pino Minafra nel 1990 (che divenne anche un disco fondamentale per documentare la neonata attività dell’orchestra) e ad una serie di plurimi eventi musicali, si è guadagnata un’inaspettata popolarità di nicchia e le sue maestranze si sono distinte per aver dato ad un personaggio storico come il sassofonista inglese Evan Parker il titolo di cittadino onorario. Evan ci ritorna spesso unendosi ad altrettanti musicisti residenti nell’area e fornendo sempre un saggio della sua bravura; questa volta l’occasione viene da una tre giorni di musica improvvisata organizzata dall’associazione musicale Euterpe con il Comune di Noci grazie all’invito del pianista Gianni Lenoci, che ha costruito tre set di esibizione diversi, dove i due musicisti citati si misurano con quelli che pedissequamente accompagnano Lenoci nelle sue avventure musicali. Evan ha avuto anche la possibilità di esibirsi totalmente in solitude, così come in aggiunta ad un sestetto (Il tempo sospeso) in cui il sassofonista si impegna in nuove esplorazioni. Nella seconda giornata del meeting, unica data a cui ho potuto partecipare e che vi commento, Evan Parker (al sax tenore) si confronta con Lenoci in duo, a cui fa seguito un ulteriore set musicale in cui si uniscono il sassofonista Vittorino Curci (1) e il percussionista Magliocchi (2): si tratta di due lunghe free-form suites, senza pause, in cui l’implicito sviluppo dei pensieri dei musicisti sembra coagularsi in una serrata condivisione di decadenza della società, che si dipana con caratteristiche diverse nell’àmbito dei due live shows.
Nel duo Parker-Lenoci l’azione è divisa in due fasi, dove si assiste ad una prima parte che evoca apocalissi urbane, un senso del caos ben avvertito in cui spiccano le diverse ma complementari vedute sonore dei due musicisti, e ad una seconda che si smorza nei toni (con i due sempre alla ricerca di una continua empatia) diventando mistero e raccolta psicologica di quello che resta dello tsunami che si è abbattuto, una sorta di presa visione degli accadimenti: se Lenoci abbraccia quel pianismo scintillante che fornisce continue “scariche” all’improvvisazione, Parker mixa molto il suo tono “rough” (ottenuto grazie anche all’uso estensivo del sax) con elucubrazioni più inserite in un contesto di ricerca del suono. La situazione diventa immediatamente incandescente con l’arrivo di Curci e Magliocchi: sembra riprodursi una situazione da delirio post-industriale, in cui i musicisti sembrano voler descrivere l’apoteosi, un urlo lacerante che si fa strada tra i carboni ardenti delle rovine.
Questo voluto effetto nel gioco dell’improvvisazione libera viene ottenuto grazie al raddoppio di Curci ai sassofoni (che si inserisce a mò di costante stantuffo), alle estensioni curate da Magliocchi attraverso l’utilizzo di tecniche non convenzionali delle percussioni (tra le quali Marcello si adopera anche con un’archetto usato in striscio) e da uno stravolto gruppo di clusters di una tastiera elettronica fornito da Lenoci.
Un set di un’ora, senza respiro, che dimostra tutta la statura dei musicisti e celebra gli orizzonti di Parker, che negli ultimi anni sembra aver mediato la radicalità del suo jazz con le evoluzioni sempre più raffinate dei suoni. Al di là del fattore musicale nei live shows c’è sempre qualcosa che affascina di un musicista e che lo rende unico: per la verità non sono stato solo colpito dal contrasto fornito dalla musica rispetto al carattere apparentemente mostrato da Parker (un tipico signore inglese con un’aria bonaria ma un suono ruvido), che in qualche modo ha rovesciato l’idea di trovarsi di fronte ad un serio ed istrionico personaggio, ma anche da una espressione serena e sorridente che lo stesso mostrava in alcuni punti climax dell’improvvisazione, qualcosa che evidentemente lo rendeva intrinsecamente soddisfatto; il fatto poi di camminare a piccoli passi facendo brevi tragitti sotto gli archi prima dell’inizio del concerto (in cui probabilmente Evan faceva preparativi imparentati con la tecnica di respirazione) sembrava aumentare quell’alone di leggendarietà che avvolge la musica e la figura dell’inglese (3).
E’ stato un immenso piacere stringere la mano a lui, Lenoci (un pianista di cui bisogna essere orgogliosi di averlo in Italia in un intricato panorama jazzistico che non si slancia verso la non convenzionalità) e a gli altri intervenuti; mi auguro vivamente che l’esibizione fornita nella bella cornice del Chiostro delle Clarisse possa tramutarsi al più presto in una registrazione fisica, dato il valore contenuto.
Note:
1) Vittorino Curci (1952) non è solo un sassofonista contralto di valore, ma nel corso della sua carriera pluriennale ha dato prova di una personalissima rivisitazione dell’improvvisazione musicale, costruita anche su dialoghi tra strumenti e testi poetici di propria emanazione (le sue poesie hanno vinto molti premi nazionali); nato proprio a Noci, è stato per molti anni l’organizzatore della manifestazione “Europa Jazz Festival” che si svolge nel suo paese, senza dimenticare che egli è componente della Meridiana Multijazz Orchestra di Minafra, progetto in cui è possibile scorgere quei riferimenti culturali propri del territorio mediterraneo.
2) Marcello Magliocchi (1957), percussionista molto legato alle esperienze musicali di gente come Tony Oxley e Han Bennink, non è mai stato legato al vincolo della registrazione discografica, scegliendo di vivere più intensamente l’attività concertistica. Tuttavia una completa disamina del suo lavoro può rinvenirsi nella raccolta “Experience (1979/2002)” pubblicata per Setola di Maiale nel 2003.
3) Dice Henry Cooke nel suo articolo “Deciphering the noise” su All About Jazz Usa, a proposito di Parker ….”The term “legend” currently suffers from a form of verbal inflation, seemingly thrown around with wanton disregard for its actual value. Whilst the word should be used sparingly, Parker, 67 is an appropriate recipient…..”