…the music I look for works in more than one single dimension, not necessarily in a linear way and finds its energy from the forces of opposites….” dalle note interne di “Unclouded day”.
La forza degli opposti non deve essere presa in valore assoluto: l’opinione del batterista canadese Michel Lambert ha un’accezione tutta diversa; l’opposto per Lambert significa solo mettere assieme pezzi di vita senza che questi possano esplicarsi in un orizzonte temporale prestabilito; chi vi dice che al mattino seguente gli eventi della nostra vita non possano unirsi fra loro in maniera che a fronte di una novità vi sia un evento collegato già vissuto e ripetuto nel passato. Lambert con la sua musica cerca un collàge significativo che possa riprodurre una sorta di teoria frattale della nostra vita: batterista di impronta free, Michel ha impostato proprio sul suo specifico modo di suonare le considerazioni fatte prima. Dovendosi esprimere negli spazi della “quotidianeità” e quindi non intervenire sulle reazioni più dinamiche degli accadimenti, Lambert ha sviluppato un drumming da apparente calma sonora, un filtro per legare i fatti, pienamente riconoscibile, che, pur essendo figlio della generazione free del jazz, ha un idioma semplice e personale in quello scorrere itinerante, lento e insistito del rullante; questa forza che individua segnali della batteria al limite del misticismo è anche la forza generativa sulla quale si uniscono gli altri musicisti che naturalmente seguono i concetti musicali di Lambert. Una dimostrazione compiuta di questo senso del contrasto temporale può ascoltarsi nel trio di Maikotron Unit, composto oltre che da Lambert, anche da Pierre Coté al contrabbasso/violoncello e Michel Coté ai fiati, inventore anche del maikotron un particolare ed antiestetico strumento che coniuga varie parti di strumenti a bocca (i pistoni della tromba, l’imboccatura dei sax o dei clarinetti, la coulisse del trombone, etc.): estremamente interessanti sono le due recenti registrazioni del trio (“Ex voto” e “Effugit“), in cui dinanzi all’interesse del batterista e di Cotè per le possibili esplorazioni incrociate tra percussioni e tali nuove fonti sonore, viene ribadito quel concetto di “frammento” collegabile di cui si parlava prima. Il canadese, pur avendo suonato in molti dischi importanti di Carrier, Burk e Richard, è riuscito a sviluppare una propria idea sulla musica, diversa da quello che ci si può aspettare da un session-man: è un’idea creativa, basata sull’arte, su un concetto di improvvisazione molto raccolto nelle frange di una composizione preordinante, su figure concrete. Il progetto di “Journal des épisodes” si inserisce a pieno titolo nelle prove discografiche più significative del batterista specie quelle realizzate al cospetto di raccolte sontuose come “Unclouded day“, con Bjorkenheim, Maneri e la cantante Jeanette Lambert (un ibrido tra folksingers celtiche e vocaliste jazz) che si impegnava su tre brani con testi di Emily Bronte o “Le passant” (con celebrità dell’improvvisazione molto vicine al chamber jazz del calibro di Duval, Eskelin e dell’innovativo violinista Goldstein). “Journal des épisodes” tuttavia se ne discosta per il necessario taglio temporale imposto al lavoro che deve soddisfare il collegamento degli eventi; queste 92 brevi tracce scritte tra gennaio e luglio del 1988 da Lambert, finalmente acquisiscono una veste finale, valorizzando un progetto, evidentemente da tempo pensato, che tende a dare una nuova definizione dei pensieri artistici del canadese sulla musica e sulle sue battute: in “Journal des épisodes” sentirete di tutto in qualcosa che è ancora più frammentato delle miniature: un piano jazz a la Mehldau o uno classico-moderno a la Scriabin, ritmiche a seconda dei casi impressioniste, post-moderne o totalmente “libere”, gli inserimenti anomali di un’orchestra sinfonica e il tutto che non riesce ad immobilizzare la nostra percezione sonora sul breve, legato com’è ad un flusso sonoro complessivo. Lambert si dimostra, quindi, batterista poliedrico sui vari fronti del jazz, sia esso tradizionale che impostato nell’improvvisazione più spinta, conquistando un posto di rilievo nell’àmbito del jazz canadese odierno.