Oggi l’architettura intesa come disciplina partecipa a vario modo nell’organizzazione della musica: nonostante forme sempre più sofisticate di pensiero, l’avvicinamento di quest’ultima alla materia tecnica viene principalmente affrontata in due modi; da una parte si è instaurato un legame tra la musica e il luogo ove essa viene svolta (piazza, auditorium, rivisitazioni di costruzioni adibite per altri scopi, etc.) che dà origine ai cosiddetti sound designer e a coloro che si occupano della gestione degli “ambienti” di suono; dall’altra il legame è subdolo e strettamente correlato alla composizione: si tratta di rappresentare attraverso la musica un tema che ha motivazioni e fondamenti nell’impianto di regole tecniche dell’architettura: in questo melange di artisti senza categoria musicale troviamo molti musicisti ed autodidatti che grazie all’uso del computer ricostruiscono “ambienti” di suono che sono lo specchio di una voglia di rappresentare “costruzioni” sonore figlie di un immaginario paesaggio da ricostruire o semplicemente per segnalare le incongruenze della società civile. Tiziano Milani ha recentemente pubblicato un paio di cds esplicativi degli scempi architettonici e della desolazione urbanistica che sovraintende ai rapporti umani, cercando di creare dei collegamenti con la musica: in “The city of simulation” raccoglie 14 lunghi brani (teoricamente abbinabili ad immagini da lui progettate per fornire il transfer in musica) che esprimono il degrado dei centri storici di tante grandi città del mondo nonchè quello di alcune periferie importanti: il tema, invero trattato già in scala più vasta da molti musicisti affiliati all’elettronica e alla computerizzazione sonora, si sviluppa in un percorso musicale che non è compiacente, è a tratti oscuro e senza soluzioni di breve, ma ha la pretesa e la speranza di avere un “…domani di maggior grazia possibile…”; la frammentazione e poi la ricomposizione di Milani si basa su un approccio isolazionista limitato, che tende a mischiare l’aspetto oscuro con il valore del suono, dove quest’ultimo deve rappresentare comunque una realtà…..”*
L’altro lavoro di Milani che si pone su un piano di linea programmatica del suo modo di fare musica, “Touch”, cerca invece di cogliere la sostanza cellulare dei temi: profondamente immerso nell’ambient music dronistica, il lavoro di Milani si avvicina a quello di scultori di suoni come Loscil o Tim Hecker, con una grado di di rumorosità in più: in “Love touch” si odono suoni estemporanei, sibili da scarto erratico, catarsi da glitch prolungato, frammentazioni che raccolgono le ceneri di qualcosa che si è rotto e forse anche un fondo di ottimismo rivelato da un drone poco pronunciato, confermato da un finale quasi trascendentale (nel solco di un Roach più sporco nei suoni); “Zen and the art of piano” mixa abissi spirituali sonori di matrice orientale con dinamiche ricavate dalla solita ricostruzione inarmonica di rumori, dove le poche note di piano modellate su Satie gettano il ponte personale di Tiziano sulle integrazioni sonore e di civiltà delle due parti di mondo (oriente ed occidente);”Primary structures” prova a delineare l’impatto biologico e fisico della materia: rumori spettrali che accompagnano modificazioni genetiche non preventivate, con scampoli di elettronica condivisa tra Stockhausen e quella europea degli anni settanta; “Dark, dark my light” è un episodio dove le campane richiamano la voglia di sperimentare suoni in un campo inflazionato dove però la particolarità del drone composito è sottolineata da una viola “implacabile” che sembra richiamare la rotta di una nave come simbolo di una rinascita.
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Note:
*nelle note di presentazione della “Città della Simulazione” – I suoni (punto critico).
John Cage: “Ora non ho più bisogno di un pianoforte: ho la 6th Avenue, con tutti i suoi suoni. Traduco i suoni in immagini, e così i miei sogni non vengono disturbati. Semplicemente si fondono. Una notte scattò l’allarme di un antifurto e mi meravigliai perchè il suono proseguì sempre molto intenso per almeno due ore, crescendo e calando, in modo quasi impercettibile, in altezza. E nei miei sogni assunse una forma dalle curve delicate, come quelle di Brancusi. La cosa non mi infastidì affatto…