Strumento da sempre sottovalutato, il clarinetto ha vissuto la sua epoca d’oro all’inizio del novecento quando l’approfondimento sullo strumento aveva trovato un filone anche commerciale, cioè nell’epoca dello swing e delle big bands americane. Ma il suo utilizzo, che molti fanno risalire alla fine del periodo barocco, quando sostituì l’antenato chalumeaux, venne incrementato a partire dalla scuola di Mannheim e quella viennese di Mozart. Tuttavia, mentre i pochi concerti appositamente scritti per il clarinetto nel barocco furono piuttosto dimenticati a causa forse di una ancora scarsa rilevanza di idee compositive sullo strumento, nel periodo classico i compositori si cimentarono intensamente proprio nella veste del concerto, scrivendo anche qui le basi classiche delle partiture. Tutto l’ottocento visse con una sensibile diminuzione delle opere in tal senso, frutto delle nuove idee dei compositori che puntavano su elementi più forti ed individuali (come la sinfonia, concerti per violino, piano, etc.) forse solo Brahms e nella forma di sonata ne diede delle mirabili codificazioni. E’ il rinnovamento debussiano che grazie alla “Premiere rhapsody” da un nuovo e mirabile slancio al clarinetto, riportandolo nel suo giusto posto e in uno stato di grazia compositiva; di spunti compositivi che finalmente esploreranno in altra dimensione lo strumento se ne ciberanno tutti gli impressionisti e gli allora modernisti francesi (Milhaud, Poulenc), nonchè tutta la scuola inglese da Stanford a Britten, che contribuirà fattivamente all’ampliamento del repertorio solistico-orchestrale. In quegli anni profonda, come si diceva all’inizio, è l’influenza del jazz nella composizione classica, tant’è che mostri sacri come Bartok, Hindemith scrissero appositamente concerti per clarinetto per Benny Goodman (che tra i clarinettisti jazz dei bagliori primordiali jazzistici era quello più incline ad un suono “classico”), ma senza dubbio si assiste anche nel campo classico ad una inserzione di elementi provenienti dalla musica afroamerica. Poi, la modernità ha fornito i suoi esempi variegati, così come variegati si sono presentati i movimenti dopo il 1950: importanti contributi sono venuti da compositori nordici e dai compositori americani ed europei legati alla serialità di Schoenberg e Webern, mentre le frange più estremiste l’hanno contestualizzato all’interno di progetti che assemblavano anche altri strumenti oppure ne hanno smorzato i toni (anche se non mancano ottimi esempi di concerti).
Qui vi fornisco in ordine casuale una breve lista discografica di registrazioni essenziali, che dovrete facilmente dividere per area artistica: è chiaramente una lista soggettiva, suscettibile di essere migliorata, ma che comunque tiene conto dell’esigenza di brevità del post. Avremo modo di approfondire.
Discografia consigliata:
-Telemann, Concerto in D minor for two Chalumeaux, String and B.c., Hoeprich, Archiv
-Molter, Clarinet Concertos, De Graaf, Brillant C.
-Mozart Clarinet Concerto/Krommer, Concerto for two clarinets, Meyer, Emi
-Brahms/Weber, Clarinet quintets, Tokio String quartet, Rca
-Johann e Karl Stamitz, Clarinet Concertos, Meyer, Emi
-Debussy Premiere Rhapsody/Takemitsu, Fantasma-Carlos, Meyer, Emi
-Devienne, Poulenc, Saint Saens, Milhaud, Meyer, Emi
-English Clarinets concertos by Arnold, Britten & Machonchy, Hyperion
-Stanford/Finzi, Clarinet concertos, Hyperion
-Hindemith, Concertos, Pieterson, Etcetera
-The essential clarinets, Stoltzmann plays concerti di Copland, Stravinsky, Bernstein, Corigliano
-Penderecki, Clarinet Concerto, Ashkenazy, Dux
-Englund, Clarinet Concerto in Meet the composer, Finlandia
-Carter, Clarinet Concerto, Knussen, Deutsche Gramoph.
-Denisov, Clarinet Concerto, Col Legno
-Lachenmann, Accanto, Brunner, Wergo
-Nielsen/Aho, Clarinet concert, Frost, Bis
-Adams, Gnarly Buttons, Nonesuch
-Lindberg, Clarinet concerto, Kriikku, Ondine