E’ stato pubblicato in questi giorni (primo cd per la ECM) il nuovo lavoro di Paolo Fresu: l’operazione è di tipo etnico poichè prende in considerazione i canti polifonici della Corsica e li proietta, grazie anche all’introduzione di una fisarmonica, nella modernità risaltando gli interventi melodici del musicista/trombettista italiano; questo nobile tentativo di riaggiornare il canto antico cercando di distribuirlo su una più vasta platea di ascoltatori, in verità, sembra sfruttare l’idea di Jan Garbarek con l’Hilliard Ensemble, dove comunque in quel caso l’oggetto della partita apparteneva ad altre sponde territoriali, quelle delle zone adiacenti al Baltico, tuttavia rimane in entrambi i casi l’antichità e il misticismo del complesso corale; non solo, comuni ai due episodi citati sono gli elementi dell’improvvisazione; però se da una parte colpisce quella sensazione di trapianto religioso, dall’altra non si può sottacere che non siamo certamente di fronte a particolari teorizzazioni strumentali, come dire il tutto cerca di creare un “ambient sound”, un tentativo di portare anche dentro le chiese la modernità dei tempi e dei suoi veri pensieri con tutte le insidie del caso: in questo senso la lista di artisti dell’Ecm Records che ha sposato questa filosofia musicale è alquanto eloquente. Fresu, musicista ormai affermato ma forse vissuto stilisticamente troppo all’ombra dei suoi referenti (Miles Davis soprattutto e Enrico Rava in Italia ma con molto meno sperimentalismo), ha cercato in maniera versatile di riversare quell’ambient sound in vari contesti, tra cui quello jazzistico che rappresenta quello più vicino alle sue influenze, e quello etnico dove sono stati raggiunti i risultati più interessanti; tra le integrazioni “world” emerge l’esperienza effettuata con il vietnamita Nguyen Le e il tunisino Dhafer Youssef, in una sorta di ponte culturale tra tradizioni diverse integrato da jazz ed elettronica.
Quindi, lo scopo è ancora quello di mettere a confronto il mondo occidentale e quello orientale, in specie quello arabico: Philip Glass ritiene che il futuro della musica classica risieda nel cosiddetto “sincretismo” musicale, uno scambio ideologico di culture che vada oltre il semplice accostamento tra tradizioni musicali, imponendo ai suoi fautori scelte coraggiose che prevedono il raggiungimento dell’estasi mistica attraverso il congiungimento delle diverse religioni: in sostanza tutte le religioni hanno qualcosa in comune e lo sforzo è quello di abbattere le barriere (quasi insormontabili) che le costituiscono: alcuni artisti come Soeur Marie Keyrouz in Libano, Abed Azrie in Siria, Dhafer Youssef stesso, ciascuno nel proprio àmbito geografico di appartenenza hanno la prerogativa di integrare la composizione musicale religiosa inserendo poesia e preghiera derivanti da testi cattolici in una struttura canora tipicamente orientale. ….Questi cantici dell’est hanno un duplice obiettivo in mente: da un lato, di tornare alle primissime tradizioni in cui poesia e musica erano a servizio del culto e della fede, e, dall’altro, a raggiungere un pubblico molto più ampio, sia esso composto da credenti, cristiani praticanti, atei o agnostici….così presenta la questione S.Marie Keyrouz nei suoi Cantici dell’Oriente dove introduce il versetto biblico di Luca dal 1, 45-46. Questa prospettiva “etnica” della musica è molto affascinante e certamente non può prescindere dallo stato della tecnica e degli strumenti di oggi: già i protagonisti del nu-jazz norvegese, nonchè molti compositori classici contemporanei (in particolar modo i minimalisti) hanno già da tempo steso un ponte che va dai paesi scandinavi fino all’India (passando per tutti i paesi arabi), resta da capire se sarà realmente accettata quella stretta mistica che tende ad accomunare realtà religiose con caratteristiche di quasi incompatibilità, mentre a livello musicale bisognerà accettare il compromesso basato sulla rinuncia all’effervescenza delle partiture e dei solismi per dirigersi solamente su fattori musicali che riproducono un’estasi tipica delle produzioni atmosferiche “moderne”.