L’avanguardia del movimento americano capitanato da Cage ebbe le sue ripercussioni in Europa solo dopo una decina d’anni dopo dalla sua nascita: l’Europa, attraverso i suoi migliori compositori, si era intestardita nell’approfondimento delle tecniche seriali e tale trend, che era forte soprattutto in Germania e Francia, aveva portato una completa standardizzazione di tutti gli elementi fondamentali della musica: in breve si serializzava ormai tutto dal ritmo alla melodia (vedi Boulez e Messiaen); tuttavia se è vero che il movimento di Cage usò anche quegli elementi, vero è anche che l’Europa si distingueva per il suo fermo conservatorismo musicale che ne evitava gli aspetti drammaticamente innovativi: Stockhausen, ad esempio, pur accettando le teorie di Cage, in alcune delle sue composizioni ne dava una versione “light” o comunque in un ampio senso di mediazione stilistica.
A sorpresa, fu l’Inghilterra il paese dove la moda di Cage e soci prese più piede: in un paese che solitamente viveva le innovazioni musicali piuttosto in ritardo rispetto ai paesi più blasonati, sorsero dei movimenti che si ispiravano direttamente all’ esperienza americana: alcuni importanti compositori come Cornelius Cardew istituirono la Stratch Orchestra, un ensemble dove militarono anche altri importanti compositori come Howard Skempton, Michael Parsons e il pianista John Tilbury, ensemble che partendo dall’insegnamento del movimento d’avanguardia newyorchese ne poneva l’accento più sull’improvvisazione, con innovazione anche dal punto di vista dello spartito, operazione chiamata “graphic scores” che fornivano una nuova versione della “graphic notation” creata da Earle Brown. Tuttavia, Cardew rinnegò le sue origini per immergersi in qualcosa che fosse in grado di proporre novità in quel particolare panorama musicale. Molti critici amplificheranno il fenomeno inglese fino a farne ricomprendere quella particolare forma d’avanguardia che venne istituita ufficialmente da Brian Eno attraverso l’ambient music, ma è innegabile l’influenza che questa rinverdita sperimentazione portò all’Europa, soprattutto quando si pensa che essa fu l’atto primario che diede la spinta alla nascita di un minimalismo tutto europeo, con caratteristiche diverse da quello americano.
Cardew negli anni sessanta, assieme a molti esponenti della scena free jazz inglese (tra i quali Keith Rowe, Eddie Prevost, ed altri importanti che si aggiunsero in un secondo momento come John Butcher), cominciò parallelamente a partecipare al gruppo sempre di matrice inglese chiamato AMM, proponendo uno spostamento dell’improvvisazione verso le teorizzazioni del suono che furono poi utili a tutto il free jazz europeo: tutti gli sperimentatori free europei si gettarono in una rappresentazione della loro libertà stilistica che era spesso totalmente radicale, e che prendeva come modelli non solo tecniche e sviluppi di pensiero del movimento newyorchese di Cage, ma anche ciò che proveniva dalla sperimentazione elettroacustica sui suoni che era ancora un primato tedesco ed anche europeo. Nascono in Europa tante scuole di free jazz con rappresentanti egregi per paese che compiono tematiche che si svolgono anche al di fuori dei canoni prestabiliti: in Inghilterra le orchestre della Spontaneous Music Ensemble e la Music Improvisation Company ospitarono tutta una serie di notevoli musicisti che viravano sulle possibilità dei suoni, da adottare anche con tecniche del tutto innovative (si pensi alla tecnica del respiro circolare del sassofonista Evan Parker o alla evoluzione di approccio alla chitarra jazz di Derek Bailey),ma anche in Germania le dissonanze di Brotzmann e la concertazione della Globe Unity Orchestra guidata da Alexander Von Schillpenbach guidarono questa “riscossa” creativa europea e così via dicasi in Olanda con Misha Mengelberg , Han Bennink e William Breuker, in Danimarca, etc.
Questa evoluzione fu così radicale che invogliò i musicisti jazz americani (tra tutti emblematico il caso degli Art Ensemble of Chicago), a stabilirsi per un periodo di tempo in Europa per poter comprendere e sviluppare concetti che avevano bisogno di essere integrati nel loro free jazz dissonante ma ancora tonale di quegli anni: pur essendo americani come Cage, tali jazzisti si accorsero di dover integrare le loro conoscenze artistiche con quelle derivanti dalla musica colta, ma ovviamente di Cage ne prendevano solo la parte “dadaista”, quella sfida alle convenzioni, mentre le sue evoluzioni europee, che, ripeto, si basavano su un diverso uso degli strumenti e delle caratterizzazioni dei suoni, erano territori ampi da esplorare. Certo, non tutta la sperimentazione portò a risultati eccellenti qualora si considerano fattori non strettamente tecnici, e non si può dubitare che ancora oggi non mancano interrogativi sull’apporto “emotivo” che tale sperimentazione ha costruito: certo è che oggi, mentre alcuni continuano nell’esplorazione degli strumenti suonati in maniera estensiva con tecniche sempre più radicali (penso ad es. alla sassofonista libanese naturalizzata francese Christine Sehnaoui o al baritono svedese Mats Gustaffson), altri cercano nell’ausilio del computer una possibile via di fuga nel futuro della sperimentazione: è un fenomeno presente sia nella musica contemporanea che nel jazz le cui sorti si sono incrociate già da tempo.
A sorpresa, fu l’Inghilterra il paese dove la moda di Cage e soci prese più piede: in un paese che solitamente viveva le innovazioni musicali piuttosto in ritardo rispetto ai paesi più blasonati, sorsero dei movimenti che si ispiravano direttamente all’ esperienza americana: alcuni importanti compositori come Cornelius Cardew istituirono la Stratch Orchestra, un ensemble dove militarono anche altri importanti compositori come Howard Skempton, Michael Parsons e il pianista John Tilbury, ensemble che partendo dall’insegnamento del movimento d’avanguardia newyorchese ne poneva l’accento più sull’improvvisazione, con innovazione anche dal punto di vista dello spartito, operazione chiamata “graphic scores” che fornivano una nuova versione della “graphic notation” creata da Earle Brown. Tuttavia, Cardew rinnegò le sue origini per immergersi in qualcosa che fosse in grado di proporre novità in quel particolare panorama musicale. Molti critici amplificheranno il fenomeno inglese fino a farne ricomprendere quella particolare forma d’avanguardia che venne istituita ufficialmente da Brian Eno attraverso l’ambient music, ma è innegabile l’influenza che questa rinverdita sperimentazione portò all’Europa, soprattutto quando si pensa che essa fu l’atto primario che diede la spinta alla nascita di un minimalismo tutto europeo, con caratteristiche diverse da quello americano.
Cardew negli anni sessanta, assieme a molti esponenti della scena free jazz inglese (tra i quali Keith Rowe, Eddie Prevost, ed altri importanti che si aggiunsero in un secondo momento come John Butcher), cominciò parallelamente a partecipare al gruppo sempre di matrice inglese chiamato AMM, proponendo uno spostamento dell’improvvisazione verso le teorizzazioni del suono che furono poi utili a tutto il free jazz europeo: tutti gli sperimentatori free europei si gettarono in una rappresentazione della loro libertà stilistica che era spesso totalmente radicale, e che prendeva come modelli non solo tecniche e sviluppi di pensiero del movimento newyorchese di Cage, ma anche ciò che proveniva dalla sperimentazione elettroacustica sui suoni che era ancora un primato tedesco ed anche europeo. Nascono in Europa tante scuole di free jazz con rappresentanti egregi per paese che compiono tematiche che si svolgono anche al di fuori dei canoni prestabiliti: in Inghilterra le orchestre della Spontaneous Music Ensemble e la Music Improvisation Company ospitarono tutta una serie di notevoli musicisti che viravano sulle possibilità dei suoni, da adottare anche con tecniche del tutto innovative (si pensi alla tecnica del respiro circolare del sassofonista Evan Parker o alla evoluzione di approccio alla chitarra jazz di Derek Bailey),ma anche in Germania le dissonanze di Brotzmann e la concertazione della Globe Unity Orchestra guidata da Alexander Von Schillpenbach guidarono questa “riscossa” creativa europea e così via dicasi in Olanda con Misha Mengelberg , Han Bennink e William Breuker, in Danimarca, etc.
Questa evoluzione fu così radicale che invogliò i musicisti jazz americani (tra tutti emblematico il caso degli Art Ensemble of Chicago), a stabilirsi per un periodo di tempo in Europa per poter comprendere e sviluppare concetti che avevano bisogno di essere integrati nel loro free jazz dissonante ma ancora tonale di quegli anni: pur essendo americani come Cage, tali jazzisti si accorsero di dover integrare le loro conoscenze artistiche con quelle derivanti dalla musica colta, ma ovviamente di Cage ne prendevano solo la parte “dadaista”, quella sfida alle convenzioni, mentre le sue evoluzioni europee, che, ripeto, si basavano su un diverso uso degli strumenti e delle caratterizzazioni dei suoni, erano territori ampi da esplorare. Certo, non tutta la sperimentazione portò a risultati eccellenti qualora si considerano fattori non strettamente tecnici, e non si può dubitare che ancora oggi non mancano interrogativi sull’apporto “emotivo” che tale sperimentazione ha costruito: certo è che oggi, mentre alcuni continuano nell’esplorazione degli strumenti suonati in maniera estensiva con tecniche sempre più radicali (penso ad es. alla sassofonista libanese naturalizzata francese Christine Sehnaoui o al baritono svedese Mats Gustaffson), altri cercano nell’ausilio del computer una possibile via di fuga nel futuro della sperimentazione: è un fenomeno presente sia nella musica contemporanea che nel jazz le cui sorti si sono incrociate già da tempo.