La maturazione di un musicista passa anche attraverso nuovi sentieri, magari contigui a quelli intrapresi all’inizio del percorso artistico. Nella musica di Tristan Honsinger si può insinuare questa affermazione a cavallo degli anni ottanta, allorché il violoncellista creò il Tristan Honsinger This, That and The Other, affondando il suo interesse per l’azione scenica e la narrazione poetica costellata di quell’umorismo che senza parole aveva coltivato nella libera improvvisazione. Non è questa la sede per ricordare tutte le opere che Honsinger e i suoi gruppi hanno profuso in oltre trenta anni, ma sarebbe opportuna quantomeno una rimembranza di questa attività culturale portata in giro sui palchi di molte parti del mondo (l’Italia è una patria privilegiata, ma i tragitti di Honsinger sono arrivati fino al Giappone), con un adeguato giro di valutazione.
Nel 2003 il violoncellista formò un’altra delle sue “compagnie teatrali” immerse nelle sovranità dell’improvvisazione libera: si trattava degli Small Talk, un gruppo composto da Cristina Vetrone alla voce ed organetto, Vincenzo Vasi a voce e theremin, Lullo Mosso a voce e contrabbasso, Edoardo Marraffa al sax tenore, Enrico Sartori al clarinetto, Antonio Borghini al contrabbasso e Cristiano De Fabritiis alla batteria. Costruiti sotto forma di sketches dalla forma incrociata, con dialoghi, canzonetta, improvvisazione confacente e virulenza teatrale, gli Small Talk tendevano ad una sorta di fusione tra arti differenti, dove però il riferimento poetico fosse l’elemento guida di tutte le restanti parti: lo spettacolo si snodava su continui “appoggi” alla letteratura, infiltrati nelle storie raccontate, storie amorose dal tragico fine e di mosche e struzzi; sia la titolazione che gli sviluppi dei racconti portano ad un chiaro riferimento a Wittgenstein e al suo indecifrabile Tractatus logico-philosophicus, al Gadda di Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana, al Calvino degli alberi, ai poemi lunatici di Cavazzoni, ai diavoli dell’Inferno di Dante.
La storia principale, non a lieto fine, è quella degli amanti che bruciano in breve tempo la loro passione e per uno di loro non c’è altro che il suicidio come rimedio. Può sembrare da questo che il tenore dello spettacolo sia funesto ed invece, come succede in molta della tradizione teatrale del novecento, il clima si mantiene sempre spudoratamente leggero, in linea con gli insegnamenti di Calvino. L’atmosfera di Small Talk, dunque, è quella di un’avanzatissima piece teatrale con tanta musica improvvisata di qualità nei suoi anfratti (ottimo lavoro di Borghini, Sartori e Marraffa) con Honsinger che fa sentire il suo peso psicologico sul lavoro come il regista riesce a far intendere e prevalere il suo stile nel suo film. Registrazione del 2007 presso una sala della Rai per Radiotre Suite Jazz, nella veste di cd per la Setola, Small Talk è realmente la rappresentazione di un approccio culturale oltre che musicale, è operazione ancora oggi attualissima, sia per la musica che per gli argomenti trattati, è una parodia di cosa sono diventate le nostre vite, le nostre comunità: l’implosione delle relazioni, l’uso improprio e scolorito del linguaggio, il tramonto dei sogni, sono tutti temi che Honsinger miscela sapientemente in una rappresentazione interdisciplinare ed improvvisata, mettendo ironicamente il dito sulla piaga sui gravi interrogativi dell’umanità.
A coloro che dichiarano che la musica non si sta più muovendo dal punto di vista della concettualità e creatività, andrebbe opposto questo cd che mirabilmente la Setola ha fatto pubblicare a Stefan Östersjö e Katt Hernandez. La materia trattata è rilevante e ci proietta nelle novità percettive della comprensione ecologica, un fondamento di vitalità artistica che si sposa nei site specific della Terra ed accoglie una pratica artistica di cui invero già se ne stanno studiando coordinate musicali e filosofiche: in sostanza il musicista si impegna per mettere da parte il suo potere soggiogativo storicamente esercitato sulla Natura chiedendo ad essa, invece, la sua partecipazione; sono molte le pratiche aperte dall’epistemologia ambientale per effettuare questo spostamento a favore della Natura e alcune possono consistere nel relazionarsi alle forze naturali mettendo gli strumenti in acqua oppure in locazioni ventose. Stefan Östersjö ha creato una chitarra eoliana, le cui corde fuoriescono per metri dal corpo dello strumento e sono attaccate ad un albero: il suo compito è quello di tenere la chitarra in tensione (anche senza suonarla) e calcolare le traiettorie del vento per permettere la vibrazione delle corde. La genesi del progetto pubblicato per Setola di M. vede la violinista Katt Hernandez rendersi disponibile per un sopralluogo a Edsviken, una piccola insenatura del Mar Baltico nei pressi di Stoccolma, chiamando poi in causa Östersjö per una sessione di lavoro in cui si è introdotta suonando il suo violino assieme alla chitarra eoliana del bravo chitarrista svedese.
Aeolian Duo at Edsviken è un’immersione inusuale e psicofisica con il paesaggio per i due musicisti, che sfruttano le provvidenze di un unico sound art ecologico: qui non si rappresenta nulla, al contrario si interagisce con il soundscape, con una serie di azioni e connessioni di natura differente; il consenso armonico arriva dall’incredibile sostanza musicale che si crea grazie al movimento delle acque, alla ventosità che opera due volte, una in modo naturale e l’altra come detonatore eoliano della chitarra, che suona come un sibilo o un fantomatico drone, al violino (leggermente scordato) che lascia note come segmenti, ruvidi rotolamenti o strofinamenti, dalle tecniche estensive, dall’arrivo della fauna e delle barche a motore. Senza sovraincisioni o sovrapposizioni di nessun tipo. Solo con la forza dei microfoni.
C’è un’irreprensibile vitalità in Aeolian Duo at Edsviken, per chi ha la capacità e le orecchie per intendere, qualcosa che prefigura dialogo, senso introspettivo e sensazioni per i musicisti che sarebbe utile anche descrivere e rendere disponibili per tutti. Qui la Natura e l’ambiente giocano un ruolo che non hanno mai avuto prima.