Giuseppe Finocchiaro

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Giuseppe Finocchiaro, In studio di registrazione Giotaranta - Opera propria, CC BY-SA 3.0

Scompare prematuramente il pianista jazz catanese Giuseppe Finocchiaro (1965-2022).
La vita dei pianisti jazz di questo nuovo secolo non è stata certamente delle migliori, soprattutto perché in questo secolo si sta ottusamente cercando di replicare canoni di sviluppo ampiamente riconosciuti nella storia ma che mal si sposano con una ipotetica condivisione della realtà che viviamo, con le sue innovazioni che non capiamo: anche per Giuseppe è stato impossibile evitare la solita inflazione di giri armonici, di sospensioni, di avviluppamenti tipici del genere e di tanti elementi sistematici che non permettono la differenziazione qualitativa degli artisti. Tuttavia, giova ricordare che spesso i musicisti producono delle opere particolarmente vibranti, effetto di uno stimolo proveniente dalla vita personale: nel lontano 2008, Finocchiaro pubblicò Incipit, un cd per Dodicilune R. in cui riversava la sua passione per Bill Evans e per le sensazioni impressionistiche del primo Novecento: raffinato, riflessivo, dolcemente introspettivo su temi della vita (Attraverso, L’inganno del tempo, Ricordo d’infanzia, etc.), Incipit aveva qualcosa di più di un semplice disco di jazz in trio (con Toscano e Moncada), direi fin dalla copertina, che mostrava una finestra illuminata su una cinta muraria, il simbolo di un’alba di un giorno che sta per cominciare e che sviluppa a mente fresca un’acuta osservazione sul mondo. Qualche anno dopo misi Incipit tra i dischi di jazz pianistici più interessanti in Italia per una rubrica che conducevo sull’improvvisazione italiana e segnalai a Giuseppe l’inserzione. Lui mi scrisse così:
…Ciao Ettore, ho letto il tuo articolo e mi è piaciuto tanto, ti ringrazio per avermi spontaneamente nominato tra i maggiori pianisti italiani…“.
Mi piace ricordarlo così.
RIP Giuseppe Finocchiaro