Phonogravie: Toma Gouband & Rosa Parlato

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cover Cd Phonogravie, Illustration, Graphics – Hélène Balcer

Nell’improvvisazione libera i musicisti spesso avvertono la possibilità di poter tastare il polso dell’esistenza e poterne dare la loro versione. Per molti di loro l’esperienza di vivere in semplicità e condividere il respiro della natura è essenziale, qualcosa che tramuta simboli, oggetti o agenti atmosferici in musica libera. La condivisione della flautista Rosa Parlato e del percussionista Toma Gouband fa parte di quella platea di abbinamenti acustici che, senza forzare istinti e ragioni, si propone come forte e indovinata: per Phonogravie, il loro primo incontro discografico su Petit Label, si individua un completamento virtuoso che è evidente già osservando la cover del CD, ossia due mani protese nell’atto di una probabile incorporazione di una sfera rossa in un cerchio vuoto.

La Parlato non è nuova su queste pagine (vedi qui e qui le mie recensioni su altri precedenti e validissimi progetti assieme ad altri musicisti): flautista bravissima, perfetta per la psicosi improvvisativa, suona come un giardino segreto in cui fare tante sapide scoperte. Toma Gouband è invece un percussionista sui generis che da circa vent’anni propone un set improvvisativo specifico e seduttivo dal punto di vista del suono: il francese calibra la sua performance sulla membrana di uno o al massimo un paio di tamburi, su cui sistema dei sassi manovrati secondo un non codificabile e sensitivo metodo sonoro e invece di usare battenti normali si munisce di due “fruste”, nient’altro che fusti senza foglie agitati senza una preventiva organizzazione.
Gouband è un teorico delle “pietre”, del suonare in mezzo alla natura, della correlazione con la materia viva (vi consiglio di andare a cercare il “solo in stones” Courants des vents del 2012, il duo con Cyril Bondi di Hi No Tori ed anche le operazioni in quartetto con i Silencers di Balance des Blancs, con Delbecq, Myhr e Ostendorf che integrano le sue prospettive).

In Phonogravie Parlato e Gouband mettono assieme le due visioni, con una parte inclusiva di elettroacustica che la flautista sviluppa per l’occasione: le 6 improvvisazioni che compongono Phonogravie sono incastri irregolari che si intonano su un particolare senso metaforico del mondo estensivo della musica, da una parte un flauto dalle multiple figure, spesso con deviazioni timbriche significative dettate dalle modifiche elettroniche, dall’altra un’indecifrabile polifonia che coinvolge tamburi, pietre e fasci di rami.
I percorsi sono abbastanza differenziati, poiché in Distance focale il flauto di Parlato è irrequieto, evolutivo, scenografico e quasi programmatico mentre Gouband consuma una strana mistura di suoni; in Flare, la Parlato scorre sul tremolo, intensissimo ed accompagnato da un’elettronica mordente e che cerca sovrapposizioni, mentre la parte percussiva è bombastica o lavorata sulla membrana; in Arriere plan flou bougé entra in campo una poetica specifica del silenzio, una vibrazione di pietre e suoni di flauto che si sviluppano per scia o appaiono silhouettes in un campo d’azione ferroso; la frammentazione si accentua in Autofocus, c’è un sorta di gestione della pausa tra eventi successivi, criptazioni di flauto con tecnica estensiva ed elettronica granitica, ma importante è anche la polifonia inventata da Gouband che si inserisce pian piano in una trama sempre più fitta, che restituisce una selva di suoni naturali e sintetici, in grado di compromettere anche la riconoscibilità degli strumenti originali; in Basse lumiére, poi, forse c’è una rivelazione più chiara, un mix tra flauto, vocalità improvvisata e forse le pretese primordiali di un “nativo” di qualsiasi parte del mondo.

Forse si intuisce il segreto di questa musica, che le note interne descrivono come une promenade en forêt: la volontà dei due musicisti è quella di mischiare due dimensioni, una che si sviluppa nella constatazione di una vera esistenza immersa nella selvaggia e sincera volubilità della natura, ed un’altra musicale, la quale deve appropriarsi di forme tecniche moderne ed evocative di rappresentazione.
A proposito dei nativi americani e della funzione necessaria delle foreste, c’è un loro detto che mi piace ricordare per Phonogravie come monito, poiché spero non si avveri mai:
…Gli alberi sono le colonne del mondo, quando gli ultimi alberi saranno stati tagliati, il cielo cadrà sopra di noi…“.

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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.