Un rinomato, sottile ed oscuro filo di comprensione

0
582
Qualche considerazione su alcuni degli ultimi cds pubblicati per Setola di Maiale. Tre artisti, tre generi: contemporanea, elettronica, improvvisazione e forse, una direzione comune.
Luca Miti – contemporanea
Quando oggi tocca parlare di virtuosismo pianistico, dobbiamo aggiornare necessariamente i concetti: non c’è più un univoco metro di riferimento al riguardo, perché la capacità di stare dietro ad una tastiera di un pianoforte si esplica in modi alquanto differenziati rispetto alle capacità richieste un secolo fa ed oltre. Se da una parte non sono certamente scomparsi i pianisti dedicati all’esplorazione classica della tastiera, da un’altra incalzano in misura crescente i pianisti dediti alle sonorizzazioni: si suona negli interni (spesso in modo pressoché totale) oppure il virtuosismo sta nelle infinite sfumature di una ripetizione accordale; i minimalisti, ad esempio, hanno determinato una nuova fase nella metodologia pianistica, che sfrutta la coordinazione mentale e la pazienza del pianista. Luca Miti ha scelto quest’ultimo percorso, quello che va dalle congestioni impossibili e reiterate dei Keyboards studies di Riley fino alle oasi immateriali del Morton Feldman della seconda stagione pianistica. Su Setola, Miti pubblica per intero un omaggio a Otfried Rautenbach, un misconosciuto compositore dell’epoca di Darmstadt, partendo dall’idea che gli spazi interpretativi del mondo pianistico moderno si siano aperti grazie alle prime scoperte dei romantici. In Fur Otfried Rautenbach viene rivalutato l’antecedente delle Sphynxes di Robert Schumann, un brevissimo passaggio pianistico del Carnaval op. 9 che il compositore tedesco lasciò in una zona d’ombra esecutiva, delegando al pianista la responsabilità dell’esecuzione; sono pochissimi i pianisti che hanno preso in carico questa oscurità breve e improvvisa, invisa sui toni gravi del piano, che contrasta con la dolcezza e la profondità del Carnaval, ma tanto è bastato a Cortot, Rachmaninov, Horowitz o Uchida per scoprirne un fondamento. Sulla rete qualcuno si è persino preso la briga di accostare tutte le versioni (vedi qui) e il motivo sta essenzialmente nel valore programmatico di quelle note, che aprono alle suggestioni di Feldman e di tanto pianismo d’avanguardia. I 56 minuti del pezzo di Miti si addentrano nella profondità di campo di Feldman, senza ricalcare assolutamente lo stile, ma lasciando che quella parte nascosta di Schumann faccia il suo dovere: si tratta di cogliere l’ipnosi di ogni “rintocco”, dove il rinforzo del pedale e la totale immersione nelle risonanze provocate dalle note basse è il lasciapassare per giungere ad una particolare configurazione del panorama sonoro. Naturalmente, da quell’apparente stasi Scelsiana, si scopre tutto il nuovo decadentismo dei tempi odierni.
Tiziano Milani – elettronica
C’è un tantino di confusione e sopravvalutazione nelle considerazioni di ciò che è stata (e che è) l’elettronica italiana: mi indirizzo soprattutto alla parte non accademica di essa, spesso un pozzo infinito di stimoli. La rivalutazione attribuita a molti giovani musicisti emergenti (spesso pompati dalle riviste di settore) non sembra essere il frutto di nuove scoperte e la maggior parte delle prove discografiche degli artisti portati ai piani alti dei sondaggi o dei polls valutativi sono operazioni che in media si svolgono in un alveolo di opacità e prevedibilità dei risultati. La lunga scia di ascolti fatta lo scorso anno di prodotti italiani ha sviluppato in me questa riflessione: operazioni come quella della premiata ditta Massaria-Seravalle sono casi isolati per creatività e substrato filosofico; se escludiamo questo lavoro e pochissimo altro, il 2017 dell’elettronica italiana è veramente modesto. Da questo punto di vista altri paesi stanno facendo meglio di noi. Date le inconsistenze e restando nell’epoca della piena maturità della musica, un buon espediente per tenere banco in ogni stagione, è continuare a lavorare sull’emotività dei suoni e la non sussidiarietà dei progetti: sia che si tratti di droni, di noise o di field recordings è la significatività della strategia sonora a fare la differenza e a far superare la fase dell’ovvietà. Questo è quanto succede quasi sempre con Tiziano Milani, che con il nuovo She, dimostra che per permettere alla musica di comunicare bene, è ancora importante impegnarsi sul quel versante. In She 3 brani elettroacustici, con suoni raffinati, sia della manipolazione elettronica che concreta, un transfer evocativo che spesso ha in serbo la maturità dei viaggi di Roach e degli artisti della Projekt R. ed una soggettività degli incontri da fare, lasciata ai puntini sospensivi. I primi nove minuti fissano la direzione di viaggio, ma se non vi dicessero che è Milani il compositore, sareste convinti di trovarvi di fronte ad un pezzo del recente Forrest Fang; il No title no. 2 si dedica finanche ad un’operazione nuova per Milani, ossia quella di inserire manipolazioni vocali (è Meredith Monk che subisce trattamento) nel clima misterioso provocato dalla musica.
A livello operativo She si affianca pressapoco a quanto già espresso dall’artista in Materia (Storia da ciò che rimane), restando naturalmente lontano dai linguaggi artificiali degli esordi e dai poemi audio-visuali di The city of simulation; tuttavia penso che l’architetto di Lecco abbia pochi rivali oggi in Italia, per il livello raggiunto e la bellezza delle sue creazioni.
Fred Casadei Spiritual Unity, improvvisazione
Gli esperimenti tra improvvisazione libera e musica del territorio non sono certamente tra quelli più graditi dall’audiance, specie se il connubio infittisce il rapporto di reciproca conoscenza. Tuttavia sono anche uno dei canali alternativi della musica più originali da seguire. Il contrabbassista siciliano Fred Casadei ha le idee ben chiare in merito: in un open project portato avanti in tutta Italia grazie a concerti e dialoghi condivisi con tanti altri musicisti, Casadei ha dimostrato che un contrabbassista può fare un salto di qualità non indifferente; la sua è principalmente una scelta di campo, lavorare con il suo Spiritual Unity (creazione e interplay di una comunità) sta ridando lustro non solo agli esperimenti che condivideva con Gianni Gebbia, calati nella materia del contrabbasso, ma soprattutto sta cercando di dare un’anima quanto più convicente ad un genere che per molti sembra solo somigliare a corde tirate e piatti rotti.
Due date, due luoghi importanti della pratica del sottobosco musicale improvvisativo italiano, più una terminologia che chiama a raccolta i bei tempi del jazz, Ayler e le dinamiche del cosmo:
Sun, con il fisarmonicista Luca Venitucci, al Blutopia di Roma il 15 gennaio 2016;
Sky, con il cellista Francesco Manfrè, presso il Monteggiori Studio il 7 marzo 2017;
Love, in trio con Marco Colonna al clarinetto basso e Stefano Giust a batteria e percussioni, sempre al Blutopia il 10 marzo 2017.
I nomi citati sono alcuni di quelli intervenuti nel suo viaggio, ma le tre esibizioni sono già completamente esaustive del suo pensiero: ogni performance ha i suoi binari, dove la parte scritta ha il valore più o meno simbolico di una porta aperta al libero svolgimento e interpretazione. Casadei pizzica profondo, e con il contrabbasso è capace quasi di simulare un ragionamento umano: in Sun la sua improvvisazione ha un rapporto speciale con il quotidiano e con il territorio grazie alla fisarmonica di Venitucci, mentre in Sky il violoncello anti convenzionale di Manfré è capace di sviluppare stagioni dell’arte che non sembrano più commestibili; più vicino ad Ayler è il trio di Love, ma fondamentalmente il trittico di cds sottolinea l’incommensurabile lavoro di cesellatura mentale tra le libertà improvvisative e un’amabile, sottostante tentativo di dare volto musicale a qualcosa che è parte della vita e della realtà, un connubio che può essere affrontato con le armi subdole di uno strumento che, pur avendo una timbrica ben definita, lascia passare la storia, gli attimi cruciali e le situazioni della vita.
Nonostante la titolazione si rincorra nelle tre esibizioni, non vi sarà permesso di assicurarvi una ripetizione in nessuna parte della performance, poiché la matassa aurale si modifica continuamente, proponendovi situazioni sempre diverse e degne della migliore rappresentazione. Alla fine c’è una imperscrutabile dimensione che si raggiunge, quella dell’artigiano che riesce a fare cose mirabili nel momento in cui le esegue. In Sun, Sky e Love tutti i partners sono al massimo dell’attenzione e sono co-artefici di un sentimento autonomo, che alla fine si impone, ossia il senso della vicinanza inaudita, una qualità che ci faceva amare la musica di Mingus; quella musica andava tanto lontano ma era incredibilmente interiorizzabile. Nell’attuale letteratura italiana del contrabbasso c’è ben poco che possa far pari con la sostanza di Fred.
Articolo precedenteL’arte audiovisiva al Grand Soir Numérique
Articolo successivoUna ristampa sempreverde: La musica pianistica francese di Alfred Cortot
Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.