La musica contemporanea è una musica esigente. Per poter veicolare un messaggio di qualsiasi tipo essa ha bisogno di un musicista e un pubblico preparato, di uno strumento o di un locale impostato acusticamente in modo da far risaltare le risonanze o i più piccoli dettagli delle emissioni sonore, ha bisogno di un processo non immediato di interpretazione.
Uno degli strumenti più ricchi di dettaglio sonoro è certamente il contrabbasso, a patto che quel dettaglio si riesca a tirarlo fuori in maniera soddisfacente dall’ambiente in cui si trova o magari da una registrazione che fa miracoli in post-produzione. Gli improvvisatori del contrabbasso hanno spesso contato sulla capacità naturale dello strumento di autoregolarsi in un’ubicazione non sempre frutto di una scelta personale, ma naturalmente per chiudere il cerchio è necessario anche il lavoro fine e sperimentale del musicista.
Per Fetzer Fliegen, il terzo album solista di Daniel Studer la prima considerazione che balza evidente è la perfetta gestione del materiale sonoro, con microfoni ed amplificazione adeguata e viva; la seconda è l’attenzione di Studer alle tecniche estensive come forte effetto caratterizzante dei suoni; la terza è la determinazione a fornire un progetto combinatorio tra immagini e suoni, servendosi di un video (Lisa Böffgen) di un’esibizione a Kunstraum Walcheturm nell’aprile del 2022.
Chi conosce Studer sa che egli è uno dei rappresentati più maturi del contrabbasso, qualcosa che era già evidente ai tempi di Reibungen, il solista del 2011, e non penso di sbagliarmi quando dico che l’espressione complessiva dello svizzero è funzione di una presa di coscienza dei poteri del contrabbasso, dei modi alternativi di suonarlo. Si ripetono in Fetzer Fliegen le tecniche di utilizzazione di bacchette di legno che vengono inserite e tolte rapidamente tra le corde e la tastiera, quelle che lo vedono pizzicare l’area in prossimità dei piroli mentre si applicano alcuni glissando con l’altra mano, la ferocia dello spessore dell’arco che striscia in punti prestabiliti. Rispetto a Reibungen, Fetzer Fliegen sembra voler capitalizzare una maggiore riflessione sul suono, sulla pausa e sulla materia, dal momento che spesso le sequenze sonore improvvisate tendono a sovrastimare un’atmosfera, stimolare un’associazione mentale; nel video che surroga la performance di Kunstraum Walcheturm si vede Studer isolato, ma pronto per fornire una diversificazione visivo-musicale degli avventori della sala, ai quali è consentito muoversi in mezzo a proiezioni multiple dello strumento, riguardato nei suoi particolari fisici, in modo da far scattare quell’associazionismo che arriva quando i materiali sonori incontrano la scocca o le parti legnose del contrabbasso. Cosa c’è aldilà del legno? Il video prova anche a farci addentrare in una fantasiosa microbiologia dello strumento, ma resta la voglia di creare una sensazione tattile.
Il miglioramento dell’indotto dei suoni viene anche dalla possibilità di ascoltare in binaurale, una circostanza che vi consiglio perché in grado di mostrare direzioni non prevedibili del suono e soprattutto il dettaglio minimo di esso: qui si riesce a sentire distintamente persino i micro-ritorni sonori dell’arco che batte sulla tastiera, suoni che normalmente vanno a morire nell’ascolto complessivo. I quattro movimenti di Fetzer Fliegen sono quasi sornioni nel loro aspetto, ma formazioni/astrazioni che la mente alternativa gradisce: all’inizio Studer si concentra su un pizzicato profondo lavorato su una corda, ma poi emergono delle textures personalissime, elaborate sullo sfregamento e il rimbalzo repentino dei colpi, sull’intensità della posa dell’arco e sulla chiarezza espositiva di una sostanza musicale microtonale carpita evidentemente dall’esperienza e dalla sperimentazione pregressa. Il suo grande amico italiano, Giancarlo Schiaffini, nelle note interne ci consiglia di non pensare ad un silenzio cageano, ma ad uno sonico, qualcosa che lo porterebbe lontano da un soliloquio, una relazione con sé stesso o un semplice esecutore di un pensiero trasmesso in musica e dunque non fornisce irruenza: Fetzen Fliegen dimostra che un contesto ad hoc per il contrabbasso si può costruire in ogni momento, ma è indispensabile la creatività del suo utilizzatore. E Studer ne ha in abbondanza.
Vorrei anche segnalare la contemporanea pubblicazione di Schwebend, un CD per la Creative Sources che raccoglie l’atto primo di un nuovo quartetto di Studer: gli SteDaJoDa (che indicano le iniziali dei nomi dei musicisti – Stefan Scheib al contrabbasso, Daniel Studer, Johannes Schmitz alla chitarra, Daniel Weber alla batteria) raccolgono risultati sonori sotto l’influsso di differenti combinazioni strumentali che ruotano attorno al contrabbasso.
Schwebend è stato registrato dal vivo al Theater im Viertel di Saarbrucken lo scorso anno e si dipana su test improvvisativi che tendono a valutare la doppia esposizione sul contrabbasso, uno dei più fortunati connubi di Studer se si pensa alla felicissima storia pregressa e alla imprescindibile area di compresenza di Peter K. Frey; per altro verso, si va a sperimentare su un canale nuovo, quello della chitarra elettrica, dal momento che Studer non aveva mai ospitato in una registrazione un chitarrista. Riguardo a quest’ultimo aspetto, Schmitz funziona un pò come Derek Bailey con meno asprezza e un pò come Eugene Chadbourne attaccato ai pick-ups, ma l’incontro con i contrabbassi va coordinato nell’insieme dell’idea formativa, probabilmente un combo che cerca di trovare punti di similitudine attraverso l’uso estensivo e libero degli strumenti. La prima parte del lavoro è senza dubbio più relazionale mentre la seconda si inoltra anch’essa nelle prospettive di un summit sonico.