
Dall’incontro tra due musicisti-didatti dell’improvvisazione nasce una delle opere più interessanti e valide di questo nuovo anno in casa Leo Records. Si tratta da una parte del sassofonista inglese Simon Rose, un eccellente esponente del baritono e dell’alto (vedi qui e qui, estratti delle sue esibizioni dal vivo), già in grado di costruirsi una solida reputazione attraverso l’insegnamento, la perfomance e le conduzioni della London Improvisers Orchestra*; dall’altra il ricercatore austriaco Deniz Peters, professore di estetica e musicista diretto al pianoforte, messosi in luce con i suoi scritti sulla fenomenologia dell’espressione musicale (qui la sua pagina presso academia.edu).

Edith’s problem si snoda in 7 duetti che sono alla caccia di questo contagio, di questi fantasmi dell’accoglienza che sono dentro gli uomini, aiutati da una registrazione intima e perfetta acusticamente. Si va già alla grande dai primi minuti (Between), sussurri creati da pochi clusters di piano opportunamente amplificati dal pedale, che offrono sfumature intense delle risonanze, a cui Rose risponde sodomizzando il suo strumento, pochi soffi intensi, estesi e timbricamente rough del sassofono. Sono dei veri propri slanci di quelli di Rose e Peters, dal carattere slowcore, ma che si tendono la mano incredibilmente scavando nelle profondità dell’ascolto. Hinges sembra farvi entrare in un percorso delimitato, dotato di una inespressa vena trascendentale e se anche l’ascoltatore non riuscisse a percepire il livello empatico, comunque resterebbe attirato dallo svolgimento lento, teso a cogliere il calore timbrico, che dà un senso alle pause e ai regimi bassi di movimentazione del suono; la cosa straordinaria è che ad un certo punto diventa quasi l’equivalente di una preghiera. Resonance part 1 possiede un inaspettata capacità tensiva: Peters cerca di riprodurre/accordare con il suo strumento le risonanze del sax di Rose con il minimo dei mezzi a disposizione (un tasto ripetutamente battuto assieme al pedale della risonanza); Shift ha un clima più riflessivo, con molta approssimazione direi jazz, e sorvola più tecniche contemporanee tra dissonanze e suoni spuri al servizio di una conciliazione dei diversi materiali sonori. Così come l’espressione e le sue degne verità regnano sovrane in Resonance part 2.
Edith’s problem entra nei vostri ascolti in punta di piedi, come nelle prime partecipazioni a delle lezioni di improvvisazione. Il lembo filosofico della musica non è di nessun ostacolo all’assimilazione di una musica che vuole costruire dei ponti, non visibili in prima istanza ma che sono latenti nelle libertà e nelle creatività dei musicisti, una musica che sembra essere a nostra disposizione, nel nostro dna, solo se consci della sua presenza e del suo potenziamento.
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Note:
*Rose ha pubblicato anche un libro che capitalizza la sua esperienza, dal titolo The lived experience of improvisation: in music, learning and life, University Chicago Press, 2016.