Puntare sul cambiamento culturale. Sembra un eccitante slogan politico ma in realtà questo motto, che negli ultimi tempi è sulla bocca di tutti, nasconde verità molto significative che purtroppo sono ‘disturbate’ nel senso voluto dai loro avventori. Per ciò che riguarda l’arte attuale e in particolare la musica, che con grande approssimazione chiamiamo ‘contemporanea’, si invoca da tempo un cambiamento per superare una situazione che molti definiscono di stallo: il consenso dell’audiance è in costante calo, una larga fetta dei compositori e musicisti hanno accettato con poca felicità di girare intorno a commissioni che fanno al massimo due esibizioni, gli operatori del sistema editoriale hanno praticamente abbandonato il campo. Lachenmann ha sempre parlato di fallimento della musica contemporanea in termini di people-pleasing e se è vero che su queste pagine ho da tempo cercato di smentirlo ed inoltrare un messaggio di speranza basato su un difficile ‘ribaltone’ educativo ed estetico, è anche vero che gli addetti ai lavori portano posizioni discordanti, dove alcuni ritengono con presunzione che gli errori sono solo dalla parte della formazione del pubblico (senza rendersi conto che esiste tanta brutta musica che si definisce anche nel contemporaneo) ed altri che insinuano invece lo stop della creazione musicale e la navigazione a vista nell’area della processualità musicale. Per una musica così importante si è fatto qualcosa per ridurre le distanze con l’audience? Ci sono esempi attuali che potrebbero mettere tutti d’accordo, creatori e utenti?
Molte risposte le potreste avere per esempio dal compositore Jacopo Baboni Schilingi e dal suo libro La Firma per la collana Eterotopie di Mimesis Ed., sottotitolato ‘Dodici proposte per la creazione della musica nel XXI secolo’. Su queste pagine ho spesso sottolineato il bel lavoro di Baboni Schilingi, un rappresentante di quella generazione compositiva che si è formata quando erano ancora vivi Berio, Xenakis e Boulez: ne porta le impronte, gli approcci seri e ponderati, la ricerca dell’autenticità; allo stesso tempo, alle porte del ventunesimo secolo, Baboni Schilingi ha maturato un cambiamento, materializzato non tanto sul versante della musica composta ma della validità del modello contemporaneo.
Con una preparazione vastissima e non ancorata solo alla composizione, Baboni Schilingi si è addentrato nell’iper-sistemico della creazione artistica, una ricerca di specificità necessaria e diversificata con competenze nella musica mista, nelle installazioni interattive, nell’urgenza teorica che fa da guida alle evoluzioni musicali. Dopo essere passato con un ruolo attivo da Tempo Reale ed IRCAM, Baboni Schilingi ha avuto un gran coraggio nell’intraprendere nuove progettualità che fossero fonti del nuovo sapere e approntare mezzi per restituire bellezza alla musica nel più evoluto dei sensi dell’estetica: ha formato un’associazione libera ed unica di compositori e di esperti nei settori collegabili alla musica chiamata PRISMA; ha creato la bodyscore, ossia la partitura scritta sul corpo, e poi l’identigrafia, che sta per la manifestazione fotografica della prima, una particolarissima rappresentazione digitale con stampe al carbone che contengono tutte le trazioni fisiche ed emotive dei modelli che accolgono le partiture sul loro corpo; ha indossato in modo permanente e all’altezza della gabbia toracica un dispositivo tecnologico collegato ad un software in grado di monitorare e restituire le informazioni fisiologiche del suo corpo (respirazione, battiti cardiaci, apnee, stati d’ansia, etc.) che sono la base di una generazione di musica e video in tempo reale (il progetto è a vita ed è chiamato Argo, contrazione di AirGo); ha istituito una visione multipolare della musica che si adatta al contatto con il pubblico ed è però molto lontana dalle invasioni di campo dell’intelligenza artificiale (Baboni Schilingi per quest’ultima parla di generazione e non di creazione, che spetta solo al compositore).
La Firma è un libro che porta il risultato di anni di esperienze, di considerazioni sullo stato delle cose e di ricerca di soluzioni. La volontà di Baboni Schilingi è di renderlo fruibile con gli stessi criteri della musica, due “atti” con ouverture, requiem, brevi interludi (i suoi dialoghi fittissimi con