Il Prometeo di Nono al Teatro Farnese di Parma

0
583
foto Ettore Garzia
La terza fase del cammino musicale di Luigi Nono si inaugura con la pubblicazione del suo quartetto d’archi nel 1980. Fragmente-Stille, an Diotima è il primo passo di un percorso di approfondimento che tira in ballo particolarissime configurazioni degli elementi di costruzione della musica: è in questo quartetto che il compositore veneziano crea per gli archi una struttura segmentata che va oltre i già riconosciuti interventi profusi dalla letteratura musicale contemporanea (il riferimento va ai quartetti di Lutoslawski o Kurtag), aumentando l’esposizione di alcune tecniche estensive in grado di mettere a dura prova il sistema percettivo per come è noto nella musica. I punti di comprensione si trovano in un telaio a maglie diseguali, come in uno scritto invecchiato su pergamena, in cui ritrovamenti armonici, glissandi e legati sono incredibilmente parti di un progetto sensitivo in cui le capacità richieste ai musicisti (bravura ed impulso) e il valore delle pause e dei silenzi (concepito in maniera differenziale rispetto a Cage od altri compositori) sono fondamentali per l’espressione che si vuole raggiungere; inoltre il frammento si misura anche nell’ambito dello stimolo letterario.
Dopo Fragmente-Stille, Nono continuò l’impresa sviluppando l’idea anche per altre combinazioni strumentali e vocali, avvalendosi anche anche di un minuzioso e faticoso lavoro svolto con elettronica registrata e sopratutto con il live electronics (Nono passò da imperscrutabili capolavori che vanno da Das Almende Klarsein a Quando stanno morendo, da Guai ai gelidi mostri all’Omaggio a Kurtag). Il massimo delle relazioni venne sperimentato e raggiunto con lo scenario di Prometeo, Tragedia dell’ascolto, come punto di arrivo di questa ricerca utopistica sul suono: con l’ausilio di Massimo Cacciari, Nono sorvola Eschilo, Euripide, Goethe, Erodoto, Sofocle o il tanto seguito Holderlin, per cristallizzare gli universi infiniti del suono, carpire le sue risonanze e stabilire un collegamento nuovo con la parola.
Il Prometeo di Luigi Nono è un pezzo rivoluzionario quanto un 4’33” di Cage. Una nuova rappresentazione al Teatro Farnese di Parma è stata l’ennesima sfida che si è cercato di impartire al mondo dell’ascolto musicale e alle sue convenzioni. Nella mia partecipazione alla terza ed ultima serata, ho potuto constatare direttamente il contenuto della rivoluzione dettata dal Prometeo: un ascolto difficilissimo, tale da scardinare qualsiasi difesa immunitaria della pazienza e dell’attenzione; a gente visibilmente distratta, critica o silenziosamente mortificata che lasciava il parterre se ne contrapponeva altra, parzialmente o totalmente affascinata. Ognuno ha vissuto il suo concerto al Farnese, la sua “tragedia d’ascolto”, ma ciò che più è importante è che non è stato scalfito un centimetro dell’importanza di uno spettacolo che non può considerarsi nè opera, né teatro nei sensi tradizionali, qualcosa che richiede sempre una combinazione unica di mezzi e spazi pensati per far muovere il suono e i sentimenti di Nono.
 
Articolo precedenteBernhard Lang
Articolo successivoSuoni della contemporaneità italiana: ripercorrere il passato con validi gesti contemporanei
Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.