“When I think about our group now, and especially the large set of friends of this music, I wonder if some of the most fragile seeds planted in the mid-century, by Cage and the experimental tradition, by the certain subgroups within free jazz and improvised music communities, and by the quiet experimental tendencies […] have, after spending many years underground started to spring to life: invisibly – everywhere”[1].
Nel testo Five Maps of the Experimental World [2] Bob Gilmore [3] traccia cinque diverse definizioni, percorsi che l’aggettivo “sperimentale” assume all’interno delle più attuali sfaccettature del panorama musicale contemporaneo[4]. Tra le premesse che precedono i cinque punti, Gilmore propone la teoria secondo la quale non è realmente possibile definire una musica sperimentale dal momento in cui tale concetto sarebbe da contrapporre a tradizionale, indefinibile in eguale misura se non addirittura puramente “inventato”, per dirlo con Hobsbawm. Ciò detto, prosegue il musicologo Gilmore, il termine “sperimentale” potrebbe avere una qualche validità se relazionato ad una tendenza generale. Le prime due categorie