L’improvvisazione tra sistemisti, internauti e viaggiatori

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Queste sono le mie impressioni sulle ultime novità di Setola di Maiale. Qualità sempre alta.

Modular Systems -Jeff Platz/ Blaise Siwula/ Dmitry Ishenko/ Dave Miller

Registrato durante un’esibizione live al Wombat Studio a Brooklyn, Modular Systems è realmente un ottimo ascolto. Progettualmente inviso al chitarrista Jeff Platz, è la manifestazione migliore di un campionario di jazz che, per l’occasione, si riversa in un quartetto composto naturalmente da Platz, dal sassofonista Blaise Siwula e dalla sezione ritmica di Dmitry Ishenko (cb) e Dave Miller (bt). Platz è un chitarrista elettrico emergente che raccoglie i frutti di oltre cinquanta anni di creatività nell’improvvisazione: se è vero che stilisticamente tutti i chitarristi di questo genere hanno una forte comunanza nella tipologia prodotta da Derek Bailey, è anche vero che si possono creare delle fertili sessioni che pilotano i risultati verso una propria sintesi. La bravura di Platz sta proprio nel sapere condurre il flusso strumentale creativo, lavorando sullo strumento con tocchi e preparazioni specifiche che in qualche modo fanno pensare alla propulsione di un sistema complementare; l’ambientazione è quella del free jazz espanso con le capacità dei singoli e in Modular Systems le cose funzionano come mai prima: Siwula ha energia e lirismo da vendere in una serata di grazia, mentre Ishenko e Miller sono le sorgenti di quella consueta tela ritmica che fa strabiliare nell’improvvisazione jazzistica. Perciò di Modular Systems non si può far altro che ben parlare, perché dispensa professionalità e larghe associazioni del pensiero.

Noise from the neighbours -Enzo Rocco/Carlo Actis Dato

Le cornici di un duetto fra il chitarrista elettrico Enzo Rocco e i fiati di Carlo Actis Dato solitamente assumono configurazioni tendenti verso un’eclettica e sperimentale proposta che scava nelle fondamenta dello scherzoso e dell’ironico. Rocco, che oltre a Actis Dato ha conosciuto virtù simili assieme a Ledesma e Coxhill, non si risparmia nemmeno in Noise from the neighbours, titolazione assegnata ad un concerto svolto a Castelleone per celebrare i 20 anni del sodalizio e dimostra come, a differenza di quanto si possa pensare circa un’involuzione di un progetto consolidato, le sensazioni e l’entusiasmo per nuove soluzioni siano ancora fortemente presenti nei musicisti. Gigionerie, stramberie (Au grand bal des asperges o Duro&Puro), tempi di mazurka, ritmi congolesi (Rumbabamba) o cartoline arabiche (Setubal) si uniscono a profonde virate nell’atonalità (Briciole), a colonne sonore di una certa letteratura realista (La ronda del visconte) o al ricordo intenso dei clubs di Bertrand Tavernier (Taxfrei). E’ un corredo jazz del tutto personale, ai limiti. La novità sta nelle tensioni materializzate in pezzi come Atomico o Kumano, che vedono nelle loro partizioni Rocco (nella sua forma astratta) assecondare un Actis Dato producente droni in raga style, oppure in Fango bollente, dove Rocco riproduce sulle corde il tipico fraseggio dei chitarristi africani; Apolide, poi, ci dà la possibilità di fare una perfetta ricognizione sul valore di Actis Dato, quando gli si dà modo di esprimersi con assoli accattivanti e colorati di umori. Questi sono due internauti del mondo che hanno (e continuano) a cavalcare la parte positiva ed effervescente della società.

Departure – Yoko Miura/Gianni Mimmo

 

Quando pensiamo al “percorso”, ricorriamo spesso alle immagini della pittura o della letteratura che ce lo rendono esplicito da un punto logico o visivo. Le immagini musicali sono molto più difficili da decifrare e comunque restano nella piena soggettività degli ascoltatori. Ma se faccio funzionare la mia esperienza, nel duetto di Departure tra Yoko Miura e Gianni Mimmo, raccolgo tutta la filosofia e l’imprevedibilità di un “viaggio” raccontato da due musicisti dotati di una sensibilità estrema. Pensavo a cose similari nel jazz. Chi conosce bene Steve Lacy sa che Mimmo è uno dei suoi migliori interpreti e sebbene le visuali di Mimmo siano molto più addensate nella musica contemporanea, è anche vero che dell’americano ne riprende quella sua fantastica capacità elastica del fraseggio. Quanto al viaggio, poi, Lacy affrontò con il suo sentimento anche i sentieri della beat generation tra Ginsberg e Kerouac, così come produsse plurime improvvisazioni in duo con alcuni dimenticati pianisti negli anni della maturità (Michael Smith, Mal Waldron, Bobby Few, Tchangodei, Ulrich Gumpert) senza dimenticare la Crispell, Mengelberg e Van Hove, per “viaggi” sax soprano-pianoforte quasi sempre corroborati da un impianto melodico. La Miura e Mimmo abitano in un altro contesto: raccolgono anche altre istanze del sentimento (quelle arrampicate al vivere odierno) e sono capaci di creare delle mostruose elaborazioni del pensiero: attraverso l’improvvisazione si percepiscono movimenti in tempo reale, incroci relazionali, congegni espressivi non comuni. Il pianismo discorsivo della Miura, pur non avendo nulla di appariscente, a tratti è capace di cristallizzarsi in un motivo melodico accattivante (es. le note di Rain Song) o permette simulazioni di sorta (si pensi a Boogie woogie wonderland, dove questo succede per un boogie sul cui tema Mimmo produce una lussuosa e libera rivisitazione). C’è una delicatezza che si contrappone ad un respiro deciso, ma nel complesso il messaggio di Departure è forse di allerta, tende alla ricostituzione di un sentimento vero, quando si crede ancora in una sua risalita.