Nel considerare gli impulsi della musica elettronica ed elettroacustica in Italia non si può fare a meno di esaminare i risultati odierni: la sperimentazione oggi è diventata capillare e a portata d’uomo, spesso non passa dalle sedi accademiche o comunque didattiche, l’area in cui viene esercitata investe una quantità di elementi musicali che provengono da fonti differenti che si fondono non appena vengono abbattute le regole. Ne viene fuori un panorama composito, regionalmente segmentato, con un pubblico selezionato, ma anche difficile da seguire a causa dell’elevato numero di attori e la mancanza di un filtro critico che faccia una buona selezione delle iniziative artistiche.
La bontà di un progetto si basa anche e soprattutto sulla creazione di un tema (esplicito o sottaciuto che sia) che possa garantire un sostegno alla creatività musicale: è il caso di questo giovanissimo abbinamento fatto tra due percussionisti viventi in Sardegna, che propongono un lavoro che non disdegnerebbe gli ambienti di studio. Gioele Tolu e Stefano Muscas, grazie alla sagace intuizione di Stefano Giust di Setola di Maiale in coproduzione con la Floating Forest di Merlino, registrano per esse quello che può passare per un vero esordio musicale, progettato come Massa Sonora Concentrata. Con una eccentrica copertina d’arte “Boe” ha un significato molto più profondo di quello che a primo udito si può percepire; totalmente manipolato nella strumentazione, nell’inserimento di registrazioni extra studio, di chitarre e percussioni processate, “Boe” punta sulla stranezza del suono per camuffare un disagio ambientale ed umano; resti sonori dell’aria di campagna (discretamente puntualizzati con campanelle e ragli somari atomizzati) aprono ad una struttura elettroacustica appositamente chiassosa, prima infestata dall’evoluzione industriale (in Miscela Gassosa il tema schafferiano viene ripreso nella parte in cui si odono i fischi dei treni), per poi entrare in uno strapazzo elettroacustico che sembra presagire una contaminazione esterna non voluta e pericolosa. La successiva apre una fase di attesa e catapulta le idee: Albert Fish si muove su un loop di base non lontano parente del One of these days pinkfloydiano, ma è immersa in un clima diverso, poiché la denuncia sociale sembra spostarsi anche sulla sicurezza vista negli uomini, utilizzando la figura del più famoso serial killer della storia, noto per il suo cannibalismo; è una vicenda che comunque dura poco poiché la costruzione di un loop che farebbe felice il Peter Gabriel di Biko, in Movimenti Focali ristabilisce l’equilibrio ambientale; tanti effetti di digitalizzazione strumentale (Alessandro Seravalle aggiunge chitarre baritone che diventano bassi o tromboni) ed un clima di sospensione, determinato dagli interventi di Tiziano Milano e dal buchla di Gino Robair, alleviano l’asprezza. I 14 minuti accattivanti di Movimenti Focali danno il posto ad una sintetizzazione elettro-acustica mirata ad un probabile coinvolgimento del tema dei canali e delle strade: Canal Grande individua uno scorrere acquifero che è sempre circondato da un patchwork sonoro oscuro, gravemente basso, quasi una modificazione genetica, mentre La strada per il ponte delle rane, impreziosita dal basso profondo di Massimo Discepoli, è inquisitoria nella sua struttura e beneficia di un ottimo ritrovato percussivo. Decisamente più cosmica è l’aria che si respira in Saiph incontra gli Assyti, un’accurata preparazione ambientale con la partecipazione essenziale del vibrafono di Davide Merlino, che aleggia sul brano per proporre un contrasto tra una delle stelle più luminose del cosmo e una popolazione inadeguata a fronteggiarlo.