Mikael Ayrapetyan is an Armenian pianist with a specific goal: to deliver hidden gems of the Armenian classical repertoire. In this collection, he plays a series of beautiful compositions for solo piano, in chronological order, highlighting the development phases of the Armenian composition. There are traditional elements, but also new points of views about Russian and French composition’s models; many unknown composers of that country would deserve a higher degree of popularity.
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Il pianista Mikael Ayrapetyan, classe 1984, è un attento musicista armeno che accompagna l’attività classica a quella di scopritore occulto di brani musicali del suo paese, persi nell’oblio della memoria storica. Naturalmente utile al suo scopo, la ricerca delle origini espressive attraverso le configurazioni pianistiche è un nobile tentativo di riportare a galla valori sottaciuti. La musica classica armena ha vissuto più fasi e certamente quella contemporanea fa molta più fatica ad affermarsi, anche se è sempre più ideologicamente presente; Armenian Piano Music, una raccolta di composizioni cronologicamente sistemate per la Naxos quasi tutte in rigorosa prima mondiale di registrazione, non ha il compito di illustrare le ultime modifiche destinate alla composizione, quanto quella di imporre un ragionamento storico, intravedere la necessità di fare un resoconto ragionato delle fasi attraversate dalla composizione armena, scevro da sentimentalismi e curato proprio nella dinamica e nell’accentuazione degli stili. Ayrapetyan coglie musicalmente l’identità popolare dell’Armenia alla fine dell’Ottocento, quando gli istinti nazionalistici si fecero vividi anche in quel paese: la prima composizione disponibile ad usare un linguaggio classico collegato alla tradizione folk armena diede origine nel 1868 all’Arshak di Tigran Tchukhajian, diventando l’apripista per le operazioni successive di fusione con la musica occidentale. Uno dei primi compositori ad entrare in questo virtuoso canale fu Soghomon Georgi Soghomonian, da tutti conosciuto come Komitas Vardapet (1869-1935), che viene immortalato in Armenian Piano Music nella sua Six dances for piano del 1916, a cui viene affiancata l’opera di Aleksandr Spendiaryan (1871-1928), rappresentata con una versione al piano di Crimean Sketches del 1906, un pezzo sinfonico dedicato al pittore russo Ivan Konstantinovich Ayazovsky, ossia l’equivalente di William Turner in terra russa per ciò che concerne i soggetti marini nei dipinti.
La caratteristica stilistica della composizione armena fa un chiaro riferimento nei suoi sviluppi ad alcuni archetipi: allo stesso modo con cui era impossibile rinunciare all’idioma folk delle proprie origini, era impossibile rinunciare all’ebbrezza di incrociare lo spirito di una partitura di uno Chopin o di molta cultura classica russa dell’ottocento (Rimsky Korsakov in specie). E’ un patchwork che caratterizza la prima generazione di compositori pronti all’intersezione ed evidenzia una sorta di gemellaggio franco-russo nella scelta dei modelli che diventerà standard; difatti la successiva generazione compositiva non fa altro che affiancare agli originari modelli quelli sopravvenuti: assieme a Chopin anche Debussy, assieme a Rimsky-Korsakov anche Scriabin o Rachmaninov.
Ayrapetyan presenta le miniature in solo piano di Arno Babadjanian (1921-1983), alcuni preludi di Eduard Abramian (1923-1986), nonché alcuni preludi dei 24 previsti di Eduard Bagdasarian (1922-1987): sono tutte composizioni che seguono un concentrato canovaccio di musica, tradizioni, poesia ed arte pittorica*. La raccolta di Ayrapetyan termina con una oggettivazione specifica dell’approccio romantico russo e francese con l’inserimento di tre brani al piano di Robert Amirkhanian (b. 1939), un autore che ha cominciato ad avere un seguito nei settanta, in cui le variabili tradizionali sono accantonate per fare emergere una superlativa linea di condotta nostalgica romantico-impressionistica che, a livello di armonizzazioni, ricorda le incursioni di molti pianisti jazz contemporanei, Jarrett in primis.
La musica armena ha molto da farsi ricordare: parte da lontano, fin da quando esistette la monodia vocale e la liturgia; oggi la musica moderna degli armeni contrappone una letteratura ibrida tra classicità e elementi tradizionali che scaturiscono da danze, rapsodie, fantasie e canzoni popolari, un connubio che come detto è in via di evoluzione nell’ambito accademico, dove niente sembra essere più decisivo (in cui è crescente il ricorso a tecniche e modalità contemporanee). L’istinto di conservazione di Ayrapetyan è ammirevole se rapportato alle dimensioni di un popolo che, in evidente analogia con gli ebrei, non ha goduto di nessuna fortuna conoscibile in positivo.
Nota:
*se volete ascoltare per intero i preludi di Bagdasiaran e Abramian, potete rivolgervi alle registrazioni complete fatte da Ayrapetyan con la Grand Piano.