La sesta edizione del festival Controtempo 2015, che si svolge di norma nei grandi saloni dell’Accademia di Francia a Roma, fa un ulteriore passo in avanti per importanza e contenuti, nell’ambito delle manifestazioni sonore contemporanee europee. Quest’anno il festival organizzato dal compositore Yann Robin, è stato dedicato alla figura di Georges Aperghis, e date le caratteristiche compositive dello stesso, è stata necessaria la collaborazione con la Filarmonica Romana, nonché con il teatro di Roma per comporre un’adeguata sistemazione degli eventi. Nonostante le scommesse che di solito si sollevano intorno alla risposta di pubblico che coinvolge questi festivals, si può affermare che Controtempo è richiestissimo proprio per il suo livello di competenze che offre, ed è uno dei pochi modi per sondare le tendenze accademiche. Per celebrare Aperghis, si è scelto il criterio di rappresentarlo per strumento o per gruppi di strumenti in serate diverse (la dimensione teatrale, quella orchestrale, i quartetti d’archi, etc.) assieme a pezzi di altri compositori affini per percorso stilistico; ho partecipato alla serata finale dedicata alle percussioni, in cui accanto al suo “classico” percussivo (Corps à corps) sono state inserite altre composizioni che hanno presentato un settore poco conosciuto della contemporanea, ossia quello dell’abbinamento del parco percussivo con la fisarmonica moderna.
Invitati ad eseguire composizioni di Grisey (Stéle), Iannotta (3 sur 5), Posadas (Snefru) e Matalon (KDM Fragments), il trio K/D/M, composto da due percussionisti (Gilles Durot e Victor Hanna) e un fisarmonicista (Anthony Millet) ha permesso di verificare alcuni degli studi più approfonditi e sensualmente interessanti degli ultimi anni su percussioni e fisarmonica, mettendo in campo tutta la bravura e perizia tecnica dei musicisti. Se i pezzi di Grisey e Aperghis individuavano rispettivamente la potenza armonica di uno strumento (la grancassa) o di un linguaggio (il verbale del percussionista che simula l’epicità di una gara), quelli di Iannotta e Posadas si sono imposti per l’avanzamento attribuito alla fisarmonica e al suo sviluppo teorico: se gli 11 minuti di 3 sur 5 della Iannotta evocano una ricerca degli spazi sonori che si aprono al termine di un suono secondo le ricerche di Sciarrino, i 9 minuti di Snefru di Posadas aprono la strada ad un vero e proprio campionario del suono della fisarmonica in rapporto ai mezzi tecnologici; la bellezza della composizione del compositore spagnolo va inquadrata come architettura musicale (calcolata e ricavata dalle possibilità di scambio sonoro con il software) gestita attraverso tecniche non convenzionali innovative (il bellow shake o l’azzeramento dei pulsanti). L’interattività con i sistemi informatici (preventiva o attraverso software appositi in real time) è invero una strada che in Europa soprattutto i Francesi sembrano aver sposato proficuamente con autori e composizioni dedicate allo scopo, grazie anche agli influssi Ircam; le partiture specifiche di compositori come Matalon, Bousch o Narboni sono alcuni dei segni tangibili dei recuperi effettuati nelle sedi accademiche per colmare il buco che esiste nel repertorio della fisarmonica (altre istanze vanno ricercate nei lavori specifici di Bedrossian, Mantovani e tanti altri). Il pezzo di Matalon, riproposto in alcuni dei suoi Frammenti, è stato senza dubbio il più gradito dai presenti, perché più teso ad esprimere forza, compresenza e afflato scenografico (di Matalon vi consiglio di ascoltare quello che è probabilmente il suo capolavoro compositivo, ossia Le Scorpion, per 6 percussioni, 2 piano ed elettronica, che ha dato una nuova colonna sonora al film surrealista di Luis Bunuel, L’age d’or).
Alla fine dell’esibizione ho avuto la fortuna di scambiare qualche opinione con Gilles Durot, con cui sono emersi molti degli elementi sopracitati ed è stata rimarcata l’atipicità e specialità del trio nell’ambito del panorama musicale contemporaneo. Lo ringrazio molto per la sua cortesia e competenza. Il trio K/D/M ha registrato due cds ufficiali, ma nel Grand Salon dell’Accademia c’era la possibilità di acquistare solo il più recente lavoro The Mosellan psycho, con 3 composizioni scritte per loro da Francois Narboni più due mutuate dal suo repertorio. Lo stesso Narboni nelle note indica come l’associazione tra vibrafono, marimba e fisarmonica non sarebbe stata così produttiva di idee se non fosse stata immaginata per i tre strumentisti: la composizione passa attraverso dei veri e propri stadi caratteriali rispettando le qualità timbriche degli strumenti. Si ricava così che alla fine, per come è trattato il materiale, Melancolia (per vibrafono solo) possa prescrivere tendenze barocche o che le Variations Millet (per fisarmonica) possano accompagnare la colonna sonora di un thriller.